“Basiti” ne abbiamo? Stavolta no, solo sorrisi. E 3 punti “boni”. Inzaghino ci perdonerà il dialetto, ma dopo tanti anni un po’ di “romanesco” l’avrà imparato di sicuro. Una parola, “boni”, tutto un programma. Tre punti e tre reti. Pescara battuto grazie ad altrettanti moschettieri, implacabili: Milinkovic, Radu e Ciro Immobile, in gol contro il suo passato. Ma il primo tempo è poca roba, Memushaj fallisce un rigore. Poi, la scintilla. E tutto cambia. Entra lui, Keita Balde. L’uomo dei dissidi, delle liti, delle guerre via comunicato. Il “traditore” e “l’ingrato”. Quello che “voleva andare via”.
L’uomo di cui, però, la Lazio non può fare a meno. Entra e infine sì, i biancocelesti si accendono. Come col Chievo, assist per de Vrij e partita ripresa. Come quasi sempre. Assist a Immobile stavolta, lo abbracciano tutti. Anzi, è lui che chiama la squadra. Seduto, a modo suo, con la lingua di fuori e quella sfrontatezza che lo contraddistingue. Eccentrico. Discordie spazzate via, solo lampi. “Keita dovrà riconquistare la fiducia, mia e dei compagni”. Detto, fatto. E’ successo tutto in un baleno, rapporto ricucito. Ma che sofferenza: il finto infortunio, i sospetti, la delusione di Inzaghi: “Sono rimasto basito dal suo comportamento”.
Infine il comunicato, durissimo: “La Lazio considera inaccettabile e completamente lesivo l’atteggiamento di Keita”. Silenzio? No, risposta. Altrettanto dura: “Non sono un bugiardo, mi fa male il ginocchio. Strano che Inzaghi non lo capisca…”. Frecciatine. Due gare d’assenza, gli allenamenti a parte e poi la Nazionale. Settimane d’attesa per una guerra fredda che sapeva d’infinito. Due fazioni, Keita vs Inzaghi. Agenti vs società, con Peruzzi in prima linea: “E’ rimasto a casa a farsi i fatti suoi”. Niente scontri in campo aperto, solo comunicati. Battaglie. Divorzio? Forse.
E invece no, perché al suo ritorno, a Formello, il senegalese viene accolto tra gli abbracci dei suoi stessi compagni. Quiete, dopo la tempesta. Una sorta di accordo reciproco, studiato e ponderato. Perché Inzaghi non può fare a meno di quel talento lì. Mentre Keita ha bisogno della Lazio per crescere davvero. Per migliorarsi, per inseguire le sue ambizioni e i suoi obiettivi. Due partite, due lampi. Entra e cambia la partita, anzi, la spacca proprio. “Ha fatto la differenza”. Merito di entrambi, bravi a capirsi e a capire i problemi, superandoli alla grande. Pace? No, tregua. Meglio andarci piano. C’è il disgelo, ma sotto la cenere i dissidi covano ancora. Ma meglio così, Keita sugli scudi e tre punti “boni”.
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