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Crotone, Nicola: “La mia felicità? Mostrare agli altri che pure quando sembra finita bisogna insistere”

Seconda impresa riuscita, Davide Nicola può ora godersi il meritato riposo. Dalla salvezza alla Crotone-Torino, un mese di emozioni intense raccontate attraverso le pagine de La Gazzetta dello Sport: “Non è solo questioni di ricordi, emozioni e incontri fatti nei 10 giorni” – attacca Nicola – “Il viaggio resterà dentro le 11 persone che hanno condiviso l’intero tragitto: tra 20 anni ci basterà guardarci negli occhi per ritrovare le sensazioni provate. Non è poco, l’esistenza è un percorso che ruota da sempre intorno a tre-­quattro domande a cui non riusciamo a dare risposta. E facciamo finta di nulla, tiriamo avanti. Ma se riempiamo questo vuoto con dei valori, se diamo alla nostra vita basi solide, tutto diventa più semplice”.

La scomparsa del figlio Alessandro, in un incidente stradale, ha segnato la vita di Nicola: “Certo, non è stato semplice. E non lo sarà mai. Nessuno ti avvisa quando la tua vita sta per cambiare. E nemmeno ti puoi preparare, parliamo di un fatto inimmaginabile. Dopo la morte di Ale, con mia moglie e i nostri figli (quattro) ci siamo compattati ancora di più. Proprio perché avevamo gli stessi ideali e un percorso condiviso. La fede? E’ molto riduttivo risolverla solo con quella. E comunque: perdere un figlio non vuol dire rinunciare a vivere. Vede, dal viaggio ho imparato alcune cose. Che la vera felicità sta nel darla a qualcun altro. Nel mostrargli che alcune cose si possono fare anche se sembrano impossibili. Che pure quando sembra finita bisogna insistere. Che un persona dà il meglio di sé proprio nelle difficoltà. Per questo mi è venuto naturale dedicare la salvezza ad Alessandro. Il mio tornare a casa in bici era anche un ideale passaggio per Alessandro e per tutte le vittime della strada che a casa non sono più tornate”.

Nicola affronta anche il caso Donnarumma: “Dovrei conoscere i dettagli per rispondere. Le bandiere nel calcio sono una cosa rara, altrimenti non sarebbero così importanti. Siamo dei professionisti, cambiare squadra fa parte del nostro mestiere: l’importante è farlo se si è convinti che sia la cosa giusta. Io mi sento tifoso di tutti i club in cui ho militato, anche dove le cose sono girate male. Totti?Lui si è identificato con una maglia. Ma non bisogna per forza condannare chi non lo fa. Il calcio è parte integrante di una società in continua evoluzione. Gli eccessi vanno evitati. Forse chi scrive di questo sport potrebbe aiutarci a fare delle riflessioni e magari a migliorarci”. Futuro: “Lo chiariremo con la società al mio ritorno. Possiamo percorrere la strada della passata stagione oppure tentare di migliorarci. Io per carattere punto sempre a nuove sfide, ho bisogno di obiettivi e so benissimo da allenatore cosa voglio. La salvezza fa parte del passato, non ne voglio parlare più. E con questa intervista chiudo anche il capitolo bici. Con la testa sono già proiettato al lavoro duro che ci aspetta in ritiro”.

Redazione

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