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Dai tunnel di Messi alla “decimocurtuà”: stavolta san Thibaut è dalla parte giusta della storia

Sento di essere dalla parte giusta della storia“, aveva dichiarato nella conferenza stampa della vigilia. “San” Thibaut non si sbagliava: questa volta era davvero dalla parte giusta della storia, e quella Storia l’ha scritta nella parte del protagonista. Ancora meglio: ne ha indirizzato il corso, piegandolo alla propria volontà, alle proprie mani

Quel portiere sgraziato, goffo, che fino a qualche anno fa chiamavano “giraffa” per quel collo sproporzionato, ha parato tutto, vincendo il duello con Salah e consegnando al Madrid la sua 14esima Champions, la “decimocurtuà“, come l’ha chiamata stamattina il quotidiano Marca, con una variazione sul tema che rende l’idea del ruolo avuto dal belga. 

 

 

La parabola di Courtois

Nel 2014, in finale, fu lui a subire il gol di Sergio Ramos nei minuti di recupero. A Lisbona il Madrid di Ancelotti festeggiò la fine di un tabù, la tanto agognata “Decima“. Mentre l’Atletico Madrid dovette rinunciare ai supplementari a quella che sarebbe stata la sua prima Champions League/Coppa dei Campioni. Era l’ultima partita di Courtois con la maglia “rojiblanca”.

Nell’estate del Mondiale in Brasile si sarebbe trasferito in Inghilterra, al Chelsea. A Stamford Bridge Courtois gioca 4 stagioni, e vince due Premier League, di cui una con Antonio Conte. Ma non si avvicina nemmeno alla sua prima Champions, non sfiora più il sogno svanito a Lisbona. Non solo: in Inghilterra lo prendono in giro dopo un gol subito in tunnel da Messi in Champions, il secondo in fotocopia dopo quello del 2011 quando era all’Atletico. 

Le mani di Courtois sulla “decimocuarta”

Nel 2018, ecco il Real Madrid. Una squadra in piena rifondazione, dopo la terza Champions consecutiva. L’addio di Ronaldo e Zidane, l’arrivo di Lopetegui, una stagione di “transizione”. Per Courtois sembra una maledizione: è appena arrivato nel club “mas grande del mundo“, eppure per anni non riuscirà mai a tornare in finale di Champions.

 

 

Fino a quest’anno. Fino a Parigi. Dove è senza ombra di dubbio il migliore in campo: ferma Salah (più di una volta) e ogni altro “Red” che gli si presenti davanti. Usa le mani, i piedi, la testa. Che fosse la sua serata, lo si era capito quando aveva parato un gran tiro di Manè con uno slancio muscolare degno dei suoi due metri di altezza (ereditati dai genitori pallavolisti): la palla era rimbalzata sul palo, ma anziché colpirlo e finire in rete era tornata in campo. Sì, ieri sera Courtois ha scelto bene, ha scelto “la parte giusta della storia“.  

 

Andrea Monforte

Classe 2000, monzese (d’adozione), studio Lettere a Milano. Un’indomita ed ereditaria passione per lo sport (calcio, ovviamente, ma anche ciclismo), declinata in “narrazione” tecnica e sentimentale: la critica della complessità come antidoto alla semplificazione. La vaghezza del ricordo personale ha reso l’azzurro del cielo di Berlino 2006 un’indelebile traccia mitologica. Sono nato lo stesso giorno di Ryan Giggs e di Manuel Lazzari, ma resto umile.

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