Che il vivaio dell’Atalanta fosse tra i migliori d’Italia, se non il migliore, è ormai chiaro da anni. Da Zaza a Bonaventura, da Scirea a Morfeo, da Pazzini a Caldara. Centro sportivo Bortolotti: cielo di mille stelle del nostro calcio. Desideri esauditi, promesse rispettate. Ora tocca a un ragazzo che qualcuno chiama Alex. È Cortinovis, una stella emergente. Forse la prossima. Quella maglia numero 10 è il suo outfit naturale. E anche in azzurro, con l’Under 18, gli sta benissimo. A nessuno, meglio di lui. Accostarlo a registi d’esperienza come Pirlo o De Rossi è ancora un passo azzardato e a diciotto anni certi paragoni non fanno neanche bene, ma se queste sono le premesse sognare un po’ non fa male a nessuno.
GLI INIZI – Pochi passi da casa, un piccolo campo malandato e un sogno nel cassetto. Alessandro indossa per la prima volta gli scarpini all’oratorio del suo paese, lì dove i bambini iniziano ad immaginare un futuro col pallone tra i piedi. Ma la Polisportiva Monterosso si rivela presto un palcoscenico troppo piccolo per il suo talento e gli osservatori dell’Inter e dell’Atalanta che lo scrutano da bordo campo lo sanno. A Milano ci resta solo due mesi. Cambia maglia ma non colori. Nerazzurro, a Bergamo. A otto anni Alessandro diventa un pulcino dell’Atalanta.
IL TALENTO – Un mix di classe, visione di gioco e fantasia. Le doti del baby prodigio Cortinovis diventano chiare durante la stagione 2015-2016, quando nella finale della ventiseiesima edizione del Memorial Gaetano Scirea, la sua doppietta mette in ginocchio il Barcellona. In campionato, intanto, colleziona gol e prestazioni. Gli valgono la prima chiamata con la nazionale under 15. Da lì in poi solo applausi. Bomber indiscusso in Nazionale Under 17 con 13 reti in 22 presenze. Contro il Pescara lo scorso sabato si regala il primo gol stagionale rivelandosi anche uomo assist. Il campionato gli regala occasioni, la Youth League sogni europei. Attaccamento alla maglia, la stessa da dodici anni, piede caldo e intelligenza spiccata perché tra dribbling e movimenti sulla trequarti, di fronte a lui, l’avversario perde ogni punto di riferimento. Nessun leziosismo, solo efficacia. Avversari e pallone, contrasti e carezze. Un po’ guerriero, un po artista.
Di Lavinia Saccardo
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