Prima calciatore, poi assistente, tra gli altri, di Mano Menezes e Tite. Ed ora, allenatore. Lo conosce come le proprie tasche il Corinthians, Fabio Carille. Di origine italiane, il 44enne è lanciatissimo col Timão verso la vittoria del titolo. Un traguardo importantissimo, il coronamento di un sogno coltivato fin dalla più tenera età. Quando, a soli 19anni, decise di mollare il lavoro in fabbrica per giocare a calcio. “Avevo 19 anni, il Sertãozinho mi offrì un contratto. Allora lavoravo in una azienda di zucchero ed alcol. Mia madre non voleva che accettassi; mio padre, invece sì. Rimasi solo tre mesi al Sertãozinho: mi trasferì poi al XV de Jaú, sempre nel Paulista. Ho giocato in tutti i ruoli tranne portiere… Ho fatto per lo più il laterale di sinistra. Al XV il tecnico argentino José Poy mi mise terzino, ruolo che ho svolto per 7 anni e altrettanti da difensore centrale. Nel 2005 rifiutai una buona proposta del Criciuma per restare al Monte Azul paulista e stare così vicino a mia suocera che è rimasta 11 anni a letto per l’Alzheimer”, racconta Carille a ExtraTime. Nel 2010, invece, la prima parentesi da allenatore del Corinthians. Un impiego ad interim, che gli ha permesso però di guidare Ronaldo e Roberto Carlos: “Nella transizione tra Adilson Batista e Tite assunsi il timone e pensavo: “Cosa dirò a quei due?”. Roberto Carlos era pure più vecchio di me di qualche mese. Ma andò tutto bene, mi aiutarono molto. Oggi sono molto amico di entrambi”. Anche con Tite, un ottimo rapporto e tante idee in comune: “Entrambi siamo per una squadra compatta e una difesa organizzata. Insieme con lui e prima con Menezes ho vinto 8 titoli al Corinthians. Una volta a settimana allenavo la difesa e Cleber Xavier era l’incaricato di farlo con l’attacco”.
Il prossimo anno, Carille ha intenzione di tornare in Italia. Con l’obiettivo di imparare dai maestri nostrani e, in particolare, da Sarri: “A dicembre del 2018 penso di trascorrere una decina di giorni in Inghilterra e in Italia, seguendo l’Inter di Spalletti e soprattutto il Napoli. Sì, l’allenatore del Napoli Maurizio Sarri mi piace tanto. La difesa è compatta, il baricentro alto. L’organizzazione della squadra… Sembra di assistere a un balletto. Bisogna lavorare sodo per sincronizzarla. Abbiamo un amico in comune e già lo seguivo ai tempi dell’Empoli. Che calcio: triangolazioni continue, la palla che passa di piede in piede rapida… Un bell’esempio da studiare”. In chiusura, un commento anche sul 4-2-4 di Ventura: “La partita con la Spagna non l’ho vista. Sistema difficile, ma si può fare. Dipende dalla disponibilità di almeno due degli attaccanti a ripiegare, per non soffrire troppo in fase difensiva”.
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