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Corini-Brescia, amore infinito

Eugenio Corini e il Brescia, una storia d’amore infinita. A legare l’allenatore alla piazza che lo ha lanciato come giocatore e ne ha consacrato le capacità di tecnico sembra esserci una catena invisibile, una calamita. Anche adesso, con il Brescia quinto a meno 5 dalla vetta, dopo l’esonero di Filippo Inzaghi (qui tutti i dettagli), il pensiero del presidente Cellino è corso immediatamente a lui, all’uomo dell’ultima promozione. 

 

Corini ha già firmato il suo nuovo contratto con il Brescia e nel pomeriggio dirigerà il primo allenamento. Sarà la sua terza esperienza da allenatore dei lombardi, dopo quella fra il 2018 e il 2019 e la breve parentesi nel 2020. 

L’esperienza da calciatore

Eugenio, anzi “il Genio“, a Brescia è diventato uomo, oltre che calciatore. Il percorso nelle giovanili, poi l’esordio in Serie A nel 1987, e la permanenza fino al 1990, prima della partenza per Torino, fronte Juventus. Un leader nato, capace di trascinare il centrocampo e l’intera squadra con la sua classe e il suo carisma. Quello che dimostrò decidendo di tornare a casa, in prestito, in una delle stagioni più travagliate della storia recente del club, il 1994-1995, con l’obiettivo di una salvezza impossibile. Lui doveva provarci, lo doveva alla sua piazza, e anche se non andò come sperato, la gente di Brescia apprezzò il gesto. 

Un posto speciale nel cuore

La storia di Corini e del Brescia è fatta di cicli, di allontanamenti e riavvicinamenti. Un amore che fa giri immensi, ma non può essere spento. Che non conosce il rancore. “Mi sarebbe piaciuto continuare a combattere al vostro fianco, ma non è stato possibile. Grazie per tutto quello che mi avete dato (tantissimo), avrete per sempre un posto speciale nel mio cuore“: sono le parole usate da Corini dopo il suo secondo esonero, nel 2020. Non c’è astio, non c’è livore, c’è solo la passione dell’allenatore che assume altra forma, si rideclina in quella del tifoso. 

 

 

Il ritorno e la promozione

Corini ha provato a prendere il meglio da ogni allenatore che ha avuto, da Delneri a Guidolin, da Lucescu a De Biasi. Ha provato a mettere in pratica gli insegnamenti dei suoi presidenti più focosi, dall’indimenticato Gino Corioni a Maurizio Zamparini. Eppure la sua carriera sembrava destinata a una parabola discendente, dopo la clamorosa retrocessione col Novara, arrivata all’ultima giornata nel 2018. Poteva prendersi un anno sabbatico, Eugenio, un anno di riflessione, come era accaduto subito dopo il ritiro. Ma poi ecco la chiamata degli affetti: Cellino esonera Suazo e decide di affidargli la guida tecnica della sua squadra del cuore. Un compito gravoso, che Corini porta a termine proficuamente su tutti i fronti: in campo, dove arriva una promozione attesa 8 anni, e anche fuori, riaccendendo il tifo e la passione del Rigamonti dopo anni difficili. 

Unità d’intenti

Il suo Brescia è una gioia per gli occhi, tende a dominare l’avversario con la sua grinta e la sua ferocia. Non muore mai: sono tanti i punti conquistati all’ultimo minuto, o nel recupero, come a Palermo, con il gol al 92′ di Tremolada, che lancia la volata verso la promozione. “Fortuna”, la chiamano, ma è il senso di una missione da portare a termine, la forza di un gruppo che, riunito intorno alla sua guida, ha un obiettivo chiaro da conquistare. Corini lancia Tonali, Cistana, Bisoli, rivitalizza Torregrossa e Donnarumma, fa di Dessena il tramite della diffusione delle sue idee in mezzo al campo. L’esito naturale di questa unità d’intenti, di questo straordinario kairòs, è la festa, il giubilo della promozione. 

 

 

Una nuova pagina di storia

Oggi, con un Brescia scivolato al quinto posto e senza vittorie da quattro partite, Corini ci riprova. Ci è già tornato, al Rigamonti, da allenatore del Lecce, lo scorso anno. Sulla panchina di casa c’era Diego Lopez, che aveva preso il suo posto l’anno prima in A. Il Brescia vinse 3-0, trascinato dalla folla: sembrava la premessa al ritorno immediato nel massimo campionato. Non fu così. Oggi la zona promozione diretta dista solo 4 punti, non provarci sarebbe un delitto. Eu-genio, che fra le altre cose è un instancabile lettore, è pronto a scrivere un’altra pagina del libro della storia del Brescia. 

Andrea Monforte

Classe 2000, monzese (d’adozione), studio Lettere a Milano. Un’indomita ed ereditaria passione per lo sport (calcio, ovviamente, ma anche ciclismo), declinata in “narrazione” tecnica e sentimentale: la critica della complessità come antidoto alla semplificazione. La vaghezza del ricordo personale ha reso l’azzurro del cielo di Berlino 2006 un’indelebile traccia mitologica. Sono nato lo stesso giorno di Ryan Giggs e di Manuel Lazzari, ma resto umile.

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