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Cori, applausi e autografi: Giuseppe Rossi-Fiorentina, storia di un amore infinito. E il Franchi è ai suoi piedi

L’accoglienza è di quelle speciali, che ti fanno battere il cuore anche se non sei tifoso della Fiorentina. Era il 6 gennaio del 2013 quando, per la prima volta, Giuseppe Rossi metteva piede a Firenze da giocatore viola. Oggi al Franchi ci è tornato, anche se il suo Genoa lo ha potuto vedere solo dalla tribuna. Sono passati quattro anni, ma di cose ne sono successe tante. La curva canta “il fenomeno”, lui si alza in piedi battendosi la mano sul petto. Chiamatelo senso di appartenenza. Chiamatelo amore. Settemila i chilometri di distanza fra New Jersey e Firenze, fra la terra in cui è cresciuto e quella che lo ha adottato. Un oceano da attraversare, un viaggio infinito che Pepito, però, ha fatto più di una volta per tornare a respirare gli odori di una città che non lo ha mai dimenticato. Storia di un sentimento nato dai gol ma non solo. Sì, perché oltre alle diciannove reti messe a segno c’è molto di più. C’è la gioia di correre sotto la Fiesole, il rimpianto di un’ avventura che poteva essere un sogno ma che, probabilmente, non lo è stato. Il dolore e le lacrime versate dopo il fallo di Rinaudo di quel maledetto Fiorentina-Livorno del gennaio 2014. C’è il mondo che ti cade addosso quando, qualche mese dopo, torni sotto i ferri e il campo non lo vedi più. Ma ovunque si girasse, Pepito trovava nei fiorentini la forza per andare avanti. Anche quando non giocava e le domeniche le passava in panchina. Anche quando partiva per nuove avventure in Spagna. L’augurio era sempre quello: “Speriamo che trovi gioia e fortuna”.

Chissà, gli applausi e l’amore del Franchi era forse uno dei regali di Natale più belli che Rossi potesse trovare sotto l’albero. Accompagnato dal procuratore Pastorello e dalla futura moglie Jenna, che non lo hanno mai abbandonato proprio come il popolo viola, i tifosi lo hanno sommerso di richieste. Autografi, foto, battute e pacche sulle spalle, il tutto quando le squadre erano entrate in campo e la partita stava per iniziare. Il pallone che gira è per molti l’emozione più bella della domenica, ma rivedere un ragazzo che, nonostante la sfortuna, ti ha fatto esultare come un matto lo è ancora di più. Pepito si è accomodato in tribuna autorità, laddove tutti si alzarono in piedi per rendergli omaggio dopo la tripletta con cui stese la Juventus di Conte il 20 ottobre del 2013. Un giorno che qui ricordano ancora e che non dimenticheranno mai. Come i gol, le lacrime e le corse sotto la curva di un ragazzo nato in America ma con Firenze nel destino e nel cuore. Bentornato a casa Pepito

Simone Golia

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