Un fiume in piena di ricordi. La maggior parte a tinte nerazzurre. Una vita in difesa, un gol tatuato addosso con la maglia della nazionale ("Finale di Copa America nel 2001, contro il Messico a Bogotà") la sua numero 2 e un unico rimpianto.
Ivan Ramiro Cordoba, ai microfoni di SkySport, ha raccontato aneddoti, momenti della sua esperienza all'Inter, il rapporto con Mourinho e quell'unico rimpianto che ha in una carriera in cui ha conquistato 13 trofei tra club e nazionale.
"Arrivare all'Inter per me è stato un grandissimo onore. Cosa ha significato per me? Bisogna capire la storia dell'Inter e non lo fai subito, è una cosa che inizia a far parte di te piano piano. Ma penso che da subito i tifosi ti fanno capire tutto, quando entri a San Siro… E' diverso da ogni altro posto.
Poi ci sono i compagni, i primi con cui ti confronti. E poi i personaggi all'interno della società, dai magazzinieri fino alla proprietà. Allora il presidente era Massimo Moratti. Tutto questo ti fa sentire più attaccato ancora alla maglia.
Mourinho? E' stato l'allenatore che ha potuto dare quella marcia in più di cui avevamo bisogno per l'obiettivo che cercavamo da tempo. Lui ha sistemato alcune cose con la sua intelligenza e la sua esperienza. Ha sempre detto che i dettagli erano la cosa più importante per vincere un trofeo come la Champions.
Non lasciava nulla al caso, lasciava solo poche cose alla fortuna. Questa è la sua mentalità e la trasmetteva anche a noi. Era un grande stratega. Non passava tante ore a spiegare la tattica ma ci faceva lavorare per un obiettivo in campo. Ogni allenamento, ogni esercizio era fatto per questo e in base all'avversario.
Arrivava 2/3 ore prima al campo d'allenamento, disegnava il campo, metteva i paletti, i conetti, tutto quello che serviva per prepararci al meglio.
La miglior qualità di Mourinho? Capire il miglior momento della partita in cui utilizzare determinati giocatori. Aveva questo 'dono' particolare: conoscere molto bene i giocatori e un'ottima lettura della partita. Poteva tenere un giocatore un mese in tribuna ma poteva fargli giocare la finale di Champions perché sapeva che poteva rispondere in un certo modo sul campo in quel momento".
"Quando sono arrivato all'Inter, Panucci aveva la numero 2 ho dovuto aspettare sei mesi; per rispetto non gli avrei mai chiesto quel numero. E' stato lui, quando sapeva che andava via che è venuto da me e mi ha detto: "Ivan vai dal magazziniere, digli che ti diano la #2 perché io vado via"".
"Non aver vinto la Supercoppa europea".
"La migliore partita con la maglia dell'Inter? Da difensore, non sono le partite in cui fai gol che ti restano di più ma quelle in cui hai fatto un salvataggio per la tua squadra. Quello è il tuo compito. Ne ricordo una contro la Roma a San Siro, feci un salvataggio su Montella che doveva solo appoggiare la palla in porta. Io sono arrivato da dietro, non so come ho fatto e ho portato via tutto. Montella, il pallone… Lui non ha fatto gol. E non era rigore".
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