Nato e cresciuto con la ‘camiseta blanca’ del Real Madrid addosso, praticamente una seconda pelle per uno come lui. Fedelissimo. Ben 237 partite, sempre un solo obiettivo il testa: vincere. Per il madridismo. Per la sua gente. Dicevano fosse pro-Mourinho solo perché si sarebbe buttato nel fuoco pur di seguirlo, tutto per il bene del suo Madrid. “José è fu in grado di togliere il Barcellona dalla cima. Nessuno considera un particolare: se Mou non avesse allenato il Real in quel periodo, Guardiola avrebbe continuato a vincere. Guardiola avrebbe potuto allenare il Barcellona per 25 anni come Ferguson allo United”. La faccia ce l’ha messa sempre, schietto e diretto. Non si è mai nascosto, Alvaro. E’ andato contro Piqué, contro chi non appoggiava quella maglia blanca. Persino contro… Casillas. Il motivo? Quando Iker decise di chiamare i capitani del Barcellona per abbassare i toni tra le due superpotenze del calcio spagnolo, Arbeloa non la prese bene e si schierò dalla parte di Mourinho. Tensione che salì ancor di più nel momento in cui José mise Casillas in panchina. Riconoscente – soprattutto nei confronti di chi ha sempre creduto in lui, come Rafa Benitez – e professionista. “Per lui il collettivo è molto più importante del singolo. Un grande madridista” ha ammesso Xabi Alonso a Marca. Anche Callejon, così: “Il suo nome significa madridismo. Un giocatore che ha dato tutto per questa maglia. L’ha difesa sempre”. E la difenderà ancora, anche non da… giocatore. Già perché Arbeloa – in scadenza – non rinnoverà al termine di questa stagione: e nel weekend ecco la sua ultima al Bernabeu, contro il Valencia. Madridismo che gli dimostrerà tutto il suo amore. Perché Arbeloa si è rivelato uno sposo fedele, innamorato di quei colori.
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