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Conte e i ricordi di papà Cosimino: “Se volevo qualcosa me lo dovevo guadagnare”

Antonio Conte (IMAGO)
Antonio Conte (IMAGO)

Ai microfoni di Sky Sport e in occasione del programma “Buffa Talks”, Antonio Conte ha ripercorso i suoi ricordi d’infanzia

Antonio Conte ha ripercorso in una ricca intervista ai microfoni di Sky Sport i suoi ricordi d’infanzia. L’allenatore pugliese si è raccontato al programma diretto da Federico Buffa “Buffa Talks”, tornando indietro nel tempo e a quei ricordi con papà Cosimino.

L’allenatore del Napoli ha iniziato parlando degli insegnamenti in casa Conte, fondamentali per la sua formazione calcistica e non: “Sicuramente l’educazione che ricevi dalla famiglia ti segna. Soprattutto chi è genitore deve sapere benissimo che noi abbiamo un compito nel momento in cui abbiamo dei figli, cioè di educarli nella giusta maniera, di instradarli, far capire loro certi valori. È una cosa che mi sembra stiamo un pochettino perdendo, no? Anche l’aspetto familiare: prima si curava di più, ecco, tra moglie e marito“.

“Per cercare di tenere unita la famiglia. Era soprattutto la donna che cercava comunque di tenere sempre unita la famiglia per trasmettere poi i giusti valori ai figli e crescerli in una determinata maniera”.

L’intervista di Antonio Conte a “Buffa Talks”

Nel corso della sua intervista, Conte ha ricordato così papà Cosimino, “Conte senior”. “Mi diceva sempre: “Vuoi qualcosa? Sì. Prima devi dare”. E se questa è la logica, comprendi che sia un imprinting fortissimo. Io non so dove siano finiti questi uomini, perché non se ne vedono in giro. Se sì, fanno i missionari in Amazzonia. Chi è che oggi dice una cosa di questo tipo? Non lo fa nessuno. Però se quello è l’imprinting, te lo porti dietro per sempre. Sarai esigente prima con te stesso e poi con gli altri”.

“Sicuramente l’educazione che io ho avuto a livello familiare è stata molto, molto rigida: fin da bambino, se volevo qualcosa, comunque dovevo dare. Ed è lo stesso esempio che porto sul calcio. C’era un patto tra me e i miei genitori: “Vuoi giocare a calcio? Sì? Bene, vai a scuola, ottieni buoni risultati, altrimenti a calcio non giochi più”. Quindi dovevo dare qualcosa per perseguire la mia passione. Che poi la passione era familiare: nello specifico di mio papà, che era il presidente tuttofare di una squadra di dilettanti, la Juventina Lecce, che si alternava tra la seconda e terza categoria. Aveva il settore giovanile. Da quando ero bambino, mi portava a vederla: aspettavo la domenica per poter passare tutta una giornata insieme a mio padre. A viverla”.

Antonio Conte (IMAGO)
Antonio Conte (IMAGO)

“Aspettavo la domenica”

Nel ricordo del padre, Antonio Conte ha continuato: “Andava via presto al mattino e, se poteva, tornava a pranzo. Ma era difficile. Altrimenti poi arrivava la sera, quando tante volte eravamo già a letto perché comunque il giorno dopo si doveva andare a scuola. E quindi aspettavo la domenica per vivere con lui questa nostra passione. Mi ricordo ancora quando compilavo le liste dei cartellini prima della partita”.

Cosimino Conte era anche un allenatore, come detto, di una piccola squadra giovanile tra i dilettanti. Antonio Conte ha ricordato così quelle mattinate passate a compilare le distinte per le partite:Ero molto partecipe e vivevo questa cosa veramente con grande entusiasmo. Papà al mattino preparava il tè che poi avrebbe portato alla squadra, poi si preparavano le maglie, i palloni. I calciatori mettevano un olio per scaldarsi e poi si ingrassava il pallone per far sì che potesse durare quanto più possibile. Noi preparavamo tutto. Diciamo che sicuramente la mia famiglia è stata molto, molto importante per me“.