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Como e la Serie A rimandata: quella illusione durata 10 minuti

Dieci. Dieci come i minuti in cui il Como dopo il gol di Compagnon è stato aritmeticamente in Serie A. E dieci come i minuti in cui i tifosi riunitosi al Sinigaglia hanno accarezzato quella promozione attesa da 21 anni. Quello vissuto e percepito allo stadio è stato un mix di emozioni tra loro contrastanti, concluso con una certezza: si deciderà tutto alla prossima giornata, proprio lì al Sinigaglia. Ci vorranno altri 90 minuti per sapere la squadra che insieme al Parma sarà promossa direttamente in Serie A. Un sogno che per un momento era diventato realtà. Con una vittoria a Modena il Como sarebbe stato sicuro di festeggiare. 
I tifosi si erano riuniti al Sinigaglia, in cui erano presenti 4 maxischermi ed erano aperte Curva e Tribuna Centrale. Tensione e speranza. Gruppi di amici, famiglie e anziani. Tutti colorati di blu. Sorrisi d’intesa e chiacchierate con coloro che erano seduti al proprio fianco, anche se sconosciuti, per far passare il tempo prima della partita. Poi il fischio d’inizio, i due pareggi a fine primo tempo, l’illusione del gol di  Compagnon. La rete di Pohjanpalo in pieno recupero e la doccia fredda: i 90 minuti vissuti dal Sinigaglia.

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Attese

21 anni di attesa. Giorni in cui l’intera città aspettava con ansia ed entusiasmo questi 90 minuti. Da una parte la potenziale gioia per il sogno realizzato, dall’altra il timore di vederselo sfuggire. Un avvicinamento partito già da giovedì, quando il club aveva annunciato la presenza dei maxischermi al Sinigaglia e l’apertura della Tribuna Centrale e della Curva. Biglietti polverizzati in poche ore, nella speranza di iniziare a festeggiare nella propria casa, attendendo il ritorno da Modena della squadra. A un’ora dalla partita lo stadio inizia a popolarsi. Le strade di Como colorate di blu, tra persone che si incamminano e striscioni e bandiere appesi sui balconi. I minuti passano, arrivano le 15. La partita è iniziata. 

 

Illusione e delusione, appuntamento alla prossima

“Sono troppo teso, non riesco a stare fermo”. Parole più, parole meno sono queste le frasi che si muovono tra le bocce dei tifosi. Ogni tanto parte qualche coro per riempire quella silenziosa tensione. Proteste per falli non fischiati, applausi di sostegno per qualche bella azione e minuti di paura per il gol di Zaro, poi non convalidato per fuorigioco. “Ma quanto fa il Venezia? Quello ci interessa”. Più passa il tempo e più questa domanda inizia a circolare al Sinigaglia. “0-0”. “Dai, ci basta il pareggio allora”. Poi il vantaggio dei veneti con Pohjanpalo. Silenzio. Alla rete di Compagnon il Sinigaglia esplode in una scarica di gioia e tensione, quasi come se la partita si giocasse in quel campo. “Conquistiamola, conquistiamola, conquistiamola questa Serie A”. Il coro si alza nell’aria. Il sogno è sempre più vicino. Iniziano gli abbracci, manca sempre meno. Alcuni guardano il maxischermo, molti altri Venezia-FeralpiSalò sul cellulare.

 

 

“Ha segnato Pohjanpalo, 2-1”. Silenzio, di nuovo. Questa volta è più rumoroso e glaciale. L’illusione dell’intervento del Var, l’esultanza generale e la scoperta del vantaggio confermato. Tristezza e sconforto sul volto dei giocatori in tv e dei tifosi presenti allo stadio. “Siamo comunque padroni del nostro destino e festeggiare in casa sarà più bella”. Una voce di fiducia in quel mix di emozioni. Dal Sinigaglia al Sinigaglia, appuntamento all’ultimo ballo. Gli ultimi 90’.

Nicolò Franceschin

Nato nel 1997 tra Milano, Como e Lecco. Laureato in Giurisprudenza, ma ai codici ho preferito una penna. Cresciuto con Maradona (il calcio), ma anche Ronaldinho e Sneijder. Il fascino del numero 10. Credo nella forza delle parole. Verità e narrazione. In giro in macchina per stadi, campi e strade alla ricerca di nuovi colori da scrivere, perché ognuno ha una sua sfumatura. Le note del telefono che si riempiono di storie, alcune il cui finale è ancora tutto da scrivere. Una di queste è la mia. Raccontare emozioni e dare voce a chi non ce l’ha.

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