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“Ci siamo emozionati, abbiamo pianto. Grazie Claudio Ranieri”. Leicester non smette di cantare e… festeggiare la Premier

Taxi, finiti. “Troppa richiesta”. Evento più unico che raro per una cittadina di 285 mila abitanti, la decima dell’Inghilterra in quanto a popolazione. Come lo sappiamo? Semplice, Google. Ma occhio però: è la seconda voce quella che si deve cliccare e su cui fare affidamento. La prima si riferisce alla squadra di calcio, dei campioni in carica della Premier. 

Qualcuno preferisce camminare, qualcun altro si piazza sopra il tettuccio della – propria? Impossibile – macchina e schiamazza come se non ci fosse un domani. Strade affollatissime e non solo perché è sabato notte. “We won this fucking League”. “Abbiamo vinto questa ca… di Premer League”. Il ragazzo che me lo urla a squarciagola sembra piangere. O meglio: stava piangendo sul serio. “Guarda qui” e capisco subito il perché di quelle lacrime di gioia. “Questo è mio padre, io sono quello a destra: avevo 5 anni”. Entrambi con la maglia blu oceano del Leicester addosso, l’amore della loro vita. La donna di sempre. Che per la prima volta nella sua storia è #Champion. Il concetto mi viene ribadito forte e chiaro da un signore sulla cinquantina che qualche minuto prima avevo notato dentro un locale a ballare come se ne avesse avuti venti. “Italiano, sa sai con chi stai parlando? Stai attento. Stai attento perché stai parlando con uno che ha vinto la Premier. Con un #Champion”. Passa qualche minuto e ‘Billy’ – il suo nome – riprende lucidità fino a commuoversi. “Ti rendi conto cos’ha fatto Claudio Ranieri da Roma? Ha reso felici delle persone, ci ha fatto piangere. Poteva benissimo allenare squadre del livello di Fiorentina oppure il Napoli. Però lui è qui con noi: ha riscritto la storia di questo club”. Vie pienissime: ingorghi, bandiere e trombette. Pavimento appiccicoso dall’alcol. Chi sgasa la propria auto d’epoca, chi batte contro i cartelloni stradali. “So I’ll start the revolution from my bed” canta Leicester, fan degli Oasis. Ma la playlist è tanto varia quanto aggiornata. “We are the Champions” non può essere che la sua più dolce ninnananna. 

Matteo Moretto

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