Tre mesi per consacrarsi e farsi conoscere: Chivu, dal Parma all’Inter per guidare i nerazzurri
Un anno dopo è di nuovo Chivu-Inter. Dall’addio al ritorno in nerazzurro in appena 12 mesi, questa volta l’allenatore vestirà il ruolo di uomo guida, non più solo da campione del Triplete o da architetto silenzioso della Primavera.
Torna da allenatore della prima squadra dopo aver percorso la strada più lunga, quella che non cerca scorciatoie, ma costruisce senso.
È un ritorno che profuma di destino, perché Chivu non è solo un ex calciatore leggendario a San Siro: è un simbolo di fedeltà, di pazienza, di costruzione lenta ma profonda.
Quando ha lasciato l’Inter nel 2023, dopo aver portato lo scudetto a casa con la Primavera (2021-22), non ha detto addio ma arrivederci. E oggi quel saluto diventa “ben tornato”.
Il percorso di questi mesi a Parma è stato come un rito di passaggio. Senza clamori, senza titoloni. Chivu è arrivato in punta di piedi in una piazza scottata e sfiduciata, e lì ha messo in mostra il suo volto più vero: quello dell’uomo prima dell’allenatore. Ha ascoltato, compreso, seminato. E ha raccolto. Con rispetto, con misura. Ha fatto crescere i giovani, ha restituito identità, ha fatto credere a chi aveva smesso di farlo. Il Parma ha cambiato volto e gran parte del merito dato all’allenatore rumeno. L’elemento chiave è stato l’atteggiamento: la squadra è apparsa più aggressiva, più compatta, più determinata. Chivu ha ridato equilibrio ma soprattutto fame.
Non ha mai avuto paura di osare, e le sue letture tattiche durante i match si sono spesso rivelate decisive. Ha guidato il Parma fuori dalla crisi senza clamori, lasciando che a parlare fosse il campo. Impressiona anche la sua comunicazione: mai una parola fuori posto, sempre attento a proteggere e valorizzare il gruppo. I numeri raccontano il suo impatto: 16 punti in 13 partite, con una media di 1,2 punti a gara, ben più alta rispetto agli 0,8 di Pecchia. Ma ciò che colpisce di più è il rendimento contro le big del campionato: 13 punti conquistati in 7 partite contro squadre tra le prime nove, con vittorie prestigiose su Bologna, Juventus e Atalanta, e pareggi di carattere contro Inter, Lazio, Fiorentina e Napoli. Inoltre all’Inter ha l’occasione di portare avanti l’idea tattica vista anche in gialloblù, ovvero quel 3-5-2 con cui i nerazzurri hanno giocato nelle ultime stagioni.
Chivu non ha bisogno di urlare. L’ex difensore ha sempre parlato con i fatti, con lo sguardo, con quel tipo di leadership che non si impone ma si conquista. Ha saputo essere guida, compagno, padre calcistico. Ha stretto rapporti viscerali con i suoi giocatori, ha fatto da scudo, ha offerto spalle larghe su cui poggiarsi.
L’Inter gli affida la panchina che più conta. E lo fa perché ha riconosciuto in lui qualcosa che va oltre la tattica, oltre la lavagna: un senso di appartenenza, una visione chiara, un’intelligenza che sa unire testa e cuore. Cristian Chivu è tornato a casa. Perché chi conosce il valore dell’attesa sa anche quando è il momento giusto per prendersi tutto.
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