Viene espulso e, spinti dalla curiosità, ci si chiede: dove vivrà, i 60’ restanti di Chievo-Milan, Rino Gattuso? La lite con Meggiorini costa caro, la decisione di Pairetto è tanto rapida quanto irremovibile è sorprendente: non meno, però, di veder arrivare d’un tratto l’allenatore rossonero in tribuna stampa, osservando dall’alto chi viene raccontato…e chi racconta. Pronto a seguire la partita al fianco del match analyst Marco Sangermani, da una visione certamente non comune rispetto alla solita.
Il primo bersaglio è Laxalt (“Dai Diego!”) incoraggiandolo ad alzare il pressing: e fin qui, nulla di particolare, considerando ciò che poco prima lo ha portato a dover lasciare il campo. Ma la tensione torna a salire quando Castillejo, perdendo palla, porta ad un calcio del suo allenatore alla struttura della tribuna stampa: preludio negativo per ciò che, di lì a poco, avrebbe colpito i suoi.
Pareggia Hetemaj, tra la timida esultanza di un tifo gialloblu oggi in netta minoranza rispetto a quello rossonero: ma Rino, pur volendosi mangiare il mondo dal nervosismo, non fa una piega. Dalla tribuna sottostante, in più, parte anche qualche gesto dell’ombrello nei suoi confronti: tutto parte di un gioco che, almeno in campo, si interrompe pochi minuti dopo, con Gattuso pronto a scattare negli spogliatoi per spronare la squadra.
15’ minuti di visione privilegiata, poi il dubbio: tornerà, almeno in tribuna stampa, anche per il secondo tempo? Le sensazioni su un possibile cambiamento della postazione crescono, se non altro per evitare che il pubblico, non particolarmente distante, possa entrare a contatto con l’allenatore rossonero. Eppure Rino, senza badare troppo a ciò che non riguardi particolarmente la gara, sorprende tutti, ripresentandosi pochi secondi dopo il fischio d’avvio della ripresa nell’area giornalisti: stessa storia, stesso posto, stesso volto.
54’ di uno stanco Paquetá possono bastare: dentro Çalhanoglu, padre da pochi giorni, e subito prime indicazioni (“allarga sulla fascia!”). Poi, Piątek restituisce un cenno di sorriso, pur restando col dubbio: il gol è buono o no? Scatto in piedi, sguardo rivolto allo schermo presente al fianco di Sangermani, tensione crescente: (“È buono?”). Fino a quando il colloquio tra Pairetto e la sala VAR non porta, lato Milan, alla miglior notizia possibile: 1-2, palla al centro.
Insistere sui rientri difensivi (“Corri zio m***a! Dai dai!”) con Castillejo, rimproverato anche per l’aver accentrato eccessivamente la propria posizione: invitare i propri centrocampisti ad allargare di più il gioco (“Dai dai dai, Bigliaaaa!”) e pungere i suoi centrali, in fase di possesso, ad appoggiare subito il pallone verso centrocampo, avviando più rapidamente l’azione.
Ultima mezz’ora di sofferenza che riparte, con un altro calcio alla struttura dopo un angolo guadagnato da Kiyine: invitare i suoi ad “uscireee” dall’area dopo il corner. E se Suso non brilla neppure oggi, facendo arrabbiare e borbottare Gattuso dopo un pallone perso, la sostituzione per dare più freschezza ai suoi è inevitabile: dentro Borini, ansia su un pallone da spazzare tra Calabria (“Lasciagliela!”) e Musacchio, tempo che scorre.
Kessie è ancora impreciso sotto porta e latita in fase di rientro (anche se…sarebbe il 90’: “Sei lentooo!”), il nervosismo per non aver chiuso la partita (con Romagnoli, allargando le braccia in reazione) aumenta. E dopo un rischio corso da Musacchio su un passaggio a centrocampo, con Romagnoli al contrario destinatario ideale (“Vai da Alessio!”), Pairetto finisce nuovamente nel mirino di Gattuso: “È fallo, c***o!”, in due contatti su Biglia e Castillejo. E nei 5’ di recupero finali, il “quanto manca? È finita! È finitaaa!” non è neppure quotato.
Il triplice fischio è un sospiro di sollievo: l’espressione sul volto, invece, la stessa di sempre. Un doppio ruggito liberatorio, poi nessun’altra reazione, filando dritto verso le scale che, 3 piani dopo, portano agli spogliatoi. Con una consapevolezza: una partita vissuta così, forse, gli mancava. Non tanto nel modo di viverla, forse un po’ più contenuto rispetto al solito, ma nel mondo: quello di una tribuna stampa che, per un giorno, ha goduto di un ospite speciale in più. Parte di un lungo, intricato viaggio verso l’obiettivo Champions: guardando in volata, proprio come oggi, tutti dall’alto.
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