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Chievo, Campedelli: “Ci siamo imborghesiti, non siamo più abituati a lottare”

Ci sono due grandi passioni che coesistono nella vita di Luca Campedelli: il calcio e la scherma. Con la spada in mano il presidente del Chievo lascia tutte le preoccupazioni giù dalla pedana. Mette la maschera e non pensa più a niente: “La scherma mi ha salvato la vita, mi fa scappare da tante preoccupazioni. E’ l’unico momento in cui calandoti una maschera ti togli la maschera: in pedana non si mente – ha dichiarato Campedelli in un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport – Dieci anni fa ho cominciato con la scherma storica, poi sono passato a quella sportiva e non ho più smesso. Uso la spada perché con le altre armi non sono capace, ma mi piacciono tutte. Il calcio è la mia vita, ma la scherma ti pulisce la testa. E’ giusto dedicarsi agli sport minori. Un presidente non deve essere chiuso nel suo mondo, deve aiutare a promuovere discipline che hanno meno possibilità di risaltare. La scherma è lo sport che ha portato più medaglie alle Olimpiadi, meriterebbe più visibilità”.

Dalla scherma al Chievo, l’altro suo grande amore, anche se al momento la sua squadra non naviga in buone acque: “Forse abbiamo pensato tutti di essere troppo bravi. Abbiamo mollato e non possiamo permettercelo. Nel 2013-14 avevamo un punto in meno e ci salvammo all’ultimo con Corini. Situazione delicata, ma ero fiducioso come lo sono adesso. Solo che a quei tempi eravamo ancora abituati a lottare, ora non più. Ci siamo imborghesiti e non fa parte del nostro Dna. Maran obbligato a vincere? Abbiamo l’obbligo di tornare a essere quello che siamo. Un primo segnale lo abbiamo dato a San Siro, ora c’è la necessità di fare punti. Voglio rivedere il Chievo che fa la guerra e lotta con cuore e gambe, altrimenti possiamo scordarci la salvezza. Tutti dobbiamo sentirci in discussione. La Serie A non è un diritto divino, dobbiamo dimostrare di meritarla. C’è la possibilità che lasci il Chievo? Sono il presidente più vecchio della Serie A e devo pensare a un futuro per il Chievo. Il “one man show” non va più bene e il KickOffers è un inizio, perché rende i tifosi più partecipi e può portare la società a diventare una public company. Dopo 26 anni mi sarei anche stufato, ma non c’è nessuno che alzi la mano per venire al posto mio. Balotelli? Per certi versi mi sono pentito di non averlo convinto a venire, ci avrebbe fatto comodo. Ma voleva una piazza più importante, ci sta”.

L’intervista completa in edicola con la Gazzetta dello Sport

Redazione

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