A 21 è già un titolare della
Nazionale, Federico Chiesa è certamente uno dei talenti più
importanti del calcio italiano. Qualità, velocità e carattere, già
leader di una Fiorentina che in Serie A continua a sorprendere e a
mettere in mostra un bel gioco. Grande talento, ma testa sulle spalle
per Federico Chiesa:
“Valgo 60 milioni? Io
penso solo di dover dimostrare sempre il mio valore, anche se questi
numeri mi paiono un po’ esagerati. La mia unica priorità è far
vedere, domenica dopo domenica, chi è Federico Chiesa. Ora la mia
testa è tutta per il Cagliari. Vedendo mio padre giocare, non
nascondo che speravo anche io di arrivare ad esordire nel calcio che
conta. Io ora sono felice qui, alla Fiorentina. Chi prendo per 60
milioni? Datemene
qualcuno in più… perché altrimenti per un top player mica
bastano. Per 200 mi prendo Mbappé”.
Nelle
ultime settimane è stato anche al centro di alcune polemiche per
quel calcio di rigore subito contro l’Atalanta: “Io devo pensare al
campo, a giocare. Ha già parlato a sufficienza la mia società, la
Fiorentina. Per me è acqua passata”, spiega Chiesa.
Poi
sulla Nazionale: “Questa
è un’Italia giovane, c’è ancora tanta strada da percorrere. La
mia priorità è unicamente quella di farmi trovare pronto dal ct: io
non mi sento né un titolare né un pilastro, voglio solo dimostrare
di meritare l’azzurro e lavorerò per far sì di poter festeggiare
la prossima convocazione. Mancini sta dando inizio adesso ad un nuovo
progetto. Ci ha sempre detto di giocare tranquilli e leggeri, senza
pressioni. A Di Biagio devo invece il mio esordio in azzurro, è
stato lui a portarmi agli Europei Under 21″.
“Io
re del dribbling? È un
pregio, così come i falli che subisco fanno parte dl gioco. Sto dove
l’allenatore mi chiede di stare e Pioli, destra o sinistra non fa
differenza. Anche in Nazionale, il cross per Bernardeschi l’ho
inventato da sinistra, quello per Insigne da destra”.
Poi
un pensiero ad Astori: “Davide
per tutti noi era IL capitano, uno da 110 e lode in campo e fuori.
Legava tutto lo spogliatoio. Quando arrivò Hugo in ritiro,
nonostante non parlasse una parola d’italiano, era lui, a gesti, a
fargli capire che cosa chiedeva l’allenatore, così come con i
francesi. Ogni volta che arrivava un nuovo giocatore, dopo essere
stato aggiunto alla nostra chat su Whastapp,
era sempre suo il primo messaggio con scritto, “Ciao, benvenuto”.
Quando io sono entrato per la prima volta al centro sportivo, ricordo
ancora che c’erano lui e Bernardeschi. Fu Davide il primo a
salutarmi. A tavola, ho sempre avuto il posto accanto al suo perché
lui mi fece sedere lì. Quel posto lì è rimasto il suo: Davide è
sempre con noi”.
L’intervista
integrale sulle pagine del Corriere dello Sport.
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