Raggiungere la vetta, crederci, combattere. “Non lasciamolo andare via, è un predestinato”. Radu Dragusin a Torino ha trovato casa. Lo ha fatto con la mamma e la sorella: gioca nella Juventus, ha esordito in Champions League, ma non vuole volare troppo alto. A 18 anni si considera niente più che un ragazzo: non vuole bruciarsi.
Era l’estate 2019: Dragusin, che di anni ne aveva 17 e mezzo, stava per cominciare la sua stagione con la Primavera della Juventus allenata da Zauli. Era arrivato l’anno prima dal Regal Bucarest, società romena che spesso dialoga con i club italiani (proprio a Torino, sponda granata, era arrivato nella stessa estate Andres Dumitrescu, un altro difensore centrale). Tutto sembrava seguire il suo corso, quando Pecchia, d’accordo con i dirigenti, lo chiama: “Dovrai fare un po’ di avanti e indietro, mi dicono che potresti già giocare con noi, in Serie C. Te la senti?”. Poche parole, tanti fatti: “Sì, mister”. E così, nei campi di Vinovo, alterna un lavoro con l’Under 23 e la Prmavera. “Ti servirà”.
Piccolo tra i grandi, non si fa intimorire: con Pecchia gioca qualche gara ufficiale, poco prima dello stop di marzo 2020. Sta iniziando ad ambientarsi con i più grandi, nonostante l’età. Lui, che da difensore centrale deve sempre dimostrare grande concentrazione. “Non devi mai perdere l’attenzione sulla palla e sull’intervento”, gli spiegano. È una “spugna”, nel senso che impara tanto e in breve tempo. “Sì, è un predestinato”.
Finisce la stagione forzatamente, ma il giudizio su di lui non cambia. Zauli, intanto promosso in Under 23, non ha dubbi: “Deve restare qui”. Ma lo reclama anche Pirlo: è tra i giovani che tiene d’occhio per la prima squadra. Lo ha fermato il covid per qualche settimana, ma il suo nome continua a essere considerato, e lui lo sa. Da un mese è stabile con i più grandi: in Serie C ha giocato due partite tra settembre e ottobre, ora sogna la Serie A. Contro la Dinamo Kiev, l’esordio in prima squadra e Champions League, che vede vincere la Juve per 3-0. Un’esperienza da sogno che condividerà a casa, con la mamma e la sorella. In due anni, tante cose sono cambiate, tranne il suo nido. È un rifugio, un posto dove continuare a sentirsi un ragazzo. Anche se gioca in squadra con Ronaldo, in uno dei club più titolati d’Italia. Per raggiungere la vetta, la strada è ancora lunga.
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