Nella descrizione del suo profilo
Instagram ha scritto ‘Dedication’ Cristiano Piccini. Impegno,
applicazione, dedizione. Ne ha dovuta mettere tanta nella sua scalata
dalla Serie C alla Champions League, arrivando fino alla meritata
convocazione in Nazionale.
Piccini l’avrà vissuta un po’ come la
chiusura di un cerchio, una sorta di ‘rivincita’ per quel sogno viola
soltanto sfiorato. La sua occasione, in quella Fiorentina in cui è
cresciuto e che ha sempre tifato sin da bambino, fondamentalmente non
l’ha mai avuta. Appena una presenza, nel 2010, con Mihajlovic in
panchina, dopo i successi nelle giovanili: un campionato Allievi nel
2009 e una Coppa Italia Primavera l’anno successivo.
Sinisa stravedeva per lui, Corvino gli
chiese un cambio di ruolo (da esterno alto a terzino) che poi gli ha
cambiato la vita. “Pur di esordire in Serie A con la maglia viola
avrei giocato anche in porta”. Quel 5 dicembre 2010, giorno di
Fiorentina-Cagliari, lo ricorda come uno dei più belli della sua
vita. In panchina a sorpresa, riscaldamento e… ‘Cristiano, vieni!’.
In realtà, il Cristiano in questione, era Zanetti. Ma poi arrivò
anche il suo turno. Per quella che, ancora oggi, resta la sua unica
partita con la Fiorentina in Serie A.
Solo un’illusione, prima dell’addio.
Piccini si mise in proprio e ripartì dal basso, si rimboccò le
maniche ricominciando da una lunga girandola di prestiti. Carrarese
in C, Spezia in B e Livorno in A. Una risalita costante, fino alla
grande intuizione di tentare fortuna fuori dall’Italia e lontano
dalla sua Firenze.
Siviglia la sua nuova casa, il verde e
il bianco i nuovi colori del destino. Quelli del Betis. Sponsorizzato
da Joaquin, voluto da Pepe Mel e, soprattutto, da Eduardo Macia,
all’epoca allenatore e direttore sportivo del club spagnolo. Che nel
2014 viveva un momento difficile, perché appena retrocesso in
Segunda Divisiòn.
Ma Siviglia vive, anche, di Betis:
34.000 abbonati per provare l’assalto immediato alla Liga, promozione
che puntualmente arrivò. Con Piccini protagonista, ovviamente. Tanto
da guadagnarsi la riconferma e l’acquisto a titolo definitivo del
Betis dopo il prestito dell’anno precedente. Troppo forte il legame
nato con il Villamarìn, così come la tentazione di sfidare Messi e
Ronaldo.
Qualche infortunio muscolare, anche la
rottura del crociato a rischiare di frenarne la crescita. Ma la fame
e la voglia di Piccini hanno sconfitto pure questo, anche quando
l’unica soluzione per guarire in fretta era la camera iperbolica.
Cosa si fa pur di realizzare un sogno…
Le buone stagioni in Liga, però, non
bastano per ricevere offerte dalla Serie A. In Italia, Piccini, ci
tornerà soltanto da avversario, per affrontare la Juventus in
Champions League. Ma con la maglia dello Sporting CP, società che
nell’estate del 2017 ha investito 3 milioni di euro per questo
ragazzo italiano.
Cifra più che triplicata appena un
anno dopo. In estate, il Valencia, ha speso ben 10 milioni di euro
per riportarlo in Liga, fissando una clausola da 80 milioni di euro.
Già, avete capito: OTTANTA MILIONI! Che, ad oggi, rendono Cristiano
Piccini il terzino italiano con la valutazione di mercato più alta.
Calciatore (quasi) dimenticato dall’Italia, emigrato all’estero per
farsi strada nel grande calcio.
Col senno di poi…. scelta azzeccata.
“È un bene che giochi all’esterno, almeno non rischia di restare
in panchina. Ha esperienza e gioca sempre in Champions League”, ha
ammesso Roberto Mancini. Che, dopo anni di attesa, gli ha concesso la
tanto sognata occasione in Nazionale. Giramondo del calcio, tra
Spagna e Portogallo. Ma a Coverciano, ad appena 8km di Firenze,
Cristiano Piccini potrà risentirsi nuovamente a casa. Il giusto
premio per la sua… ‘Dedication’!
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