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Caro Chino ti scrivo… Moriero racconta Recoba: “Così mi misi a lustrargli le scarpe”

“Il Chino era bello da vedere, magari non amava allenarsi tanto ma quando aveva la palla tra i piedi era uno che la faceva cantare” voce forte e convinta, parole che sgorgano spontanee e decise, del resto come potersi dimenticare di Alvaro Recoba. Spolvera i ricordi Francesco Moriero, scrolla via la polvere dalle istantanee di quella fantastica Inter del 97-98, capace di sorprendere l’Italia intera con uno scudetto sfiorato e una Coppa Uefa messa in bacheca grazie alle magie di Ronaldo. “Ronnie era fenomenale, ma anche il Chino non scherzava – continua Moriero ai microfoni di GianlucadiMarzio.com – il suo tiro ancora me lo ricordo, una cosa pazzesca impossibile da dimenticare. Vi svelo un segreto: fu proprio lui a farmi balenare in testa l’idea del lustra scarpe”.

Curiosità e stupore fanno capolino, le parole dell’ex centrocampista nerazzurro si fanno più dolci: “Era la seconda giornata di campionato e perdevamo a San Siro contro il Brescia. Gigi Simoni decise di far entrare il Chino al posto di Ganz. Dopo qualche minuto, quel giovane uruguaiano ci mostrò cosa sapeva fare, segnando un gol da antologia con una precisa punizione da 30 metri che bucò Cervone che già era alto e potente di suo. Mentre quella palla spegneva la sua corsa in fondo alla rete a me venne in mente di lustrargli la scarpa, un gesto nato per scherzo ma che diventò un rituale di quegli anni all’Inter”.

Ragazzo solare e genuino Recoba, personalità da vendere e un carattere d’oro: “Arrivò giovane in Italia, era un ragazzetto che fece subito simpatia a tutti. Lo avevamo preso sotto la nostra protezione perché, oltre ad essere un giocatore che aveva grandissimi numeri, era un bravissimo ragazzo, molto più piccolo di noi, e questo ci spingeva a cullarlo tantissimo. Il Chino era bello da vedere in qualsiasi contesto, faceva dei numeri impressionanti. Appena iniziava l’allenamento metteva la palla a centrocampo e calciava a freddo in porta a 200 km/h, per poi continuare quando tutti andavano a fare la doccia. C’aveva questo tiro impressionante e molto preciso”.

L’Inter di Simoni era un concentrato di tecnica e forza, Moriero la ricorda ancora come fosse ieri: “Avevamo un’anima sudamericana, e come sarebbe potuto essere altrimenti con Ronaldo, Simeone e Zanetti in squadra. Era un gruppo che non ti metteva tensione perché nella loro cultura il calcio è divertimento e proprio per questo motivo Recoba entrava tranquillo in campo e convinto dei propri mezzi.  Non doveva dimostrare nulla perché faceva parte del gruppo e sapevamo quanto valeva. Era uno dei nostri”. L’Inter ma anche il Venezia, una parentesi quasi obbligata che il Chino dovette vivere per trovare un po’ più di spazio: “Giocava poco – spiega Moriero – perché davanti aveva giocatori del calibro di Ronaldo prima, e Baggio e Vieri dopo. Decise di andare a Venezia e secondo me fu un’ottima decisione perché quell’esperienza gli permise di crescere”.

Il 31 marzo sulla carriera del Chino calerà il sipario, la voce di Moriero tradisce un filo d’emozione: “E’ stato un giocatore che poteva dare molto ma molto di più. Il talento ce l’aveva. Sulle sue qualità non si poteva discutere, il Chino era un ragazzo d’oro”. Numeri d’alta scuola, personalità, tecnica e potenza: in due parole Alvaro Recoba, l’uomo che con le sue magie faceva cantare il pallone.

Ernesto Branca

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