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A caccia di talenti con Daniele Carboni. Dagli insegnamenti di Sabatini a Schick, Zouma e gli Stati Uniti

 

Galeotta fu una notte in radio e una ricerca disperata di conoscere giocatori a tutte le latitudini del pallone. “Chi è questo? E questo?”.Io avrei le schede, eccole qui. Preso. Il viaggio di Daniele Carboni – prima scout della Roma e poi match analist del San José Earthquakes negli Stati Uniti – inizia così. “Cominciò tutto quasi per caso, ma avevo un sacco di schede soprattutto sui giocatori Sudamericani. Era il 2013 e  non c’erano ancora tutti gli strumenti di adesso”. Altri tempi. 

 

 

Pronti via la Roma. Un mondo che ti insegna un modus operandi che ti resta e che ti porti dentro negli anni. Sabatini nel modo di lavorare è unico. Mi ha insegnato come valutare un giocatore. Lo devi giudicare a 360 gradi e sentire tuo”. Questione di empatia. Ma non solo. “Ho imparato anche che non ci sono orari, si lavora sempre e si ragiona con gli occhi e con la pancia, anche oltre l’analisi dei dati”. In una parola: maestro. “D’altronde i risultati negli anni parlano per lui”. Niente da aggiungere.  

 

 

 

I giocatori sono stati tanti. A lungo visionati, inseguiti. Della serie: “Guardatevi questo ragazzino, è fortissimo”. Di esempi ce ne sarebbero a bizzeffe. Uno su tutti?Schick”. Ma quando? “Era il 2014, lo vidi in una partita giovanile tra Repubblica Ceca e Serbia. Fu un peccato perché costava poco, circa 700mila euro, e lo abbiamo inseguito tanto. Non siamo riusciti a portarlo. Sabatini si era innamorato del suo guizzo, del suo spunto”. Poi Patrick a Roma ci è arrivato, due anni dopo, per quarantadue milioni di euro. Ma le cose non sono andate come ci si aspettava. Rimpianto. 

 

 

Non è però il solo. “Seguimmo tanto anche Zouma. Era esplosivo, forte, completo. Non si trovò l’accordo con il St.Etienne. Ma eravamo vicinissimi”. Alcuni invece sono andati in porto. “Mi viene in mente Strootman. Su Kevin facemmo tante tante analisi, lo valutammo nel dettaglio. Era il giocatore giusto e infatti il primo anno rese al massimo. Era dominante”. Scelta azzeccata. Garcia lo chiamò la lavatrice, pulizia dei palloni ed eleganza al potere. 

 

 

Poi dopo la Roma cambia tutto. “Sentivo di volermi sentire coinvolto a pieno in un progetto”. Arriva la chiamata del San José Earthquakes e lui la coglie al volo. California, nuova vita. Nel surf, da quelle parti, si direbbe “riding the wave”, ovvero cavalcare l’onda. Daniele è stato sulla cresta per 4 anni scoprendo un mondo nuovo. Altra vita. “Hanno un’organizzazione che ti lascia a bocca aperta. Dalle strutture alle academy, lo sguardo li è sempre rivolto al futuro. Hanno una grande capacità di investimento e impari tante cose extra campo, anche a livello manageriale”. Carboni ha quindi trovato un’oasi felice a 16mila chilometri da casa.  

 

 

 

Anche lì i talenti scovati sono tanti. Alcuni sfumati all’ultimo, come Ibáñez.Ora te la racconto perché fa sorridere. Roger non giocava all’Atalanta, quindi noi da San Josè gli facciamo un’offerta per un prestito gratuito. Era tutto fatto. Io vado a letto pensando fosse chiusa, ma nella notte la Roma di Petrachi offre 11 milioni per il cartellino. Lui ovviamente va lì. Ancora mi fa strano se ci ripenso”. Oggi sorride mentre te la racconta, nonostante resti l’amaro in bocca. “Successe la stessa cosa con Ruan del Sassuolo. Ne abbiamo parlato per due mesi con il Gremio, poi sono arrivati loro hanno offerto di più e ce lo hanno soffiato. Hanno fatto un grande colpo, è un ragazzo che farà strada”. 

 

 

Ora Daniele aspetta un’occasione, un progetto che lo coinvolga a pieno. “Non mi importa dove, anzi. Mi piacerebbe girare il mondo”. Senza paura e con tanta voglia di mettersi in gioco. “Credimi non sono frasi fatte”. Testa alta e sguardo all’orizzonte, con l’obiettivo di continuare a scovare talenti e non fermarsi mai. 

Lorenzo Cascini

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