Tra Fabio Capello e la Roma c’è un legame che difficilmente il tempo sarà in grado di sbiadire. Diciassette anni dopo quell’ultimo scudetto, conquistato insieme, Capello continua a seguire con affetto e attenzione i giallorossi. De Rossi e compagni, quest’anno, non sono partiti fortissimo in campionato: il successo sul Torino in trasferta, poi il pari in extremis all’Atalanta prima e e poi, proprio sotto gli occhi di Fabio, il ko in casa del Milan lo scorso fine settimana.
“A Milano, però, non ho visto una Roma troppo brutta – spiega Capello a Il Romanista -. Ho visto due squadre diverse, tra il primo e il secondo tempo. Nei primi 45′ ho visto poca incisività, determinazione. Non attaccava cercando di imporre un gioco e così, inevitabilmente, è andata in svantaggio. Nella ripresa le cose sono cambiate, ha pareggiato e ha avuto diverse chance per portare a casa i tre punti”.
Ma il problema, per Capello, non sta nel modulo: “Non credo in questi numeri che si usano per identificare una squadra. La Roma a Milano ha giocato con tre difensori mentre il Milan aveva una punta sola. Serviva più personalità, più grinta. Fateli giocare col 9-1, così tutti quanti devono correre, sia per difendere che per attaccare. Così si possono vincere le partite“. Alla Roma di San Siro “serviva più convinzione”, spiega l’allenatore.
Un problema della Roma – “ma non solo, direi comune al nostro calcio in generale” – risiede, per Fabio, nei passaggi all’indietro: “Perché si fanno? Adesso si usa fare così. Non hanno senso, in più se li sbagli possono derivarne conseguenze deleterie. E’ un atteggiamento mentale sbagliato, ci sono squadre che lavorano tanto sul recupero della palla e possono fare male. Quando la riprendi, serve attaccare gli avversari, non tornare indietro. La Samp fa così, verticalizza subito. E guardate come ha segnato Defrel al Napoli…”
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