“Avevo quattordici al primo scudetto, diciassette al secondo. A quell’età, ci si accompagna con la fantasia. Sarebbe piaciuto anche a me vincerne uno qua da protagonista ma me lo godrò da tifoso“. Con queste parole, Fabio Cannavaro ha commentato lo scudetto del Napoli in un’intervista rilasciata al Corriere dello Sport.
L’ex capitano della Nazionale ha spiegato che il merito di questa vittoria è di tutti, dalla società ai giocatori: “La società, quindi De Laurentiis; il manager, cioè Giuntoli; l’allenatore, quel mago di Spalletti; e i giocatori, che hanno diffuso un senso di allegria raro. Non era semplice, semmai era difficile: via in tanti, i leader e di qualità. Spazio agli altri, forti e forti davvero, e poi acquisti mirati e di qualità altissima“.
Poi, ha continuato: “Siamo dinnanzi al trionfo del gruppo, questa è la vittoria della squadra. Un dominio netto, praticamente dall’inizio alla fine, solo un paio di pause fatali in Champions League che l’ha reso umano, quando in campionato umano non lo è mai stato. Trentatré anni dopo, è meraviglioso“.
Cannavaro ha voluto elogiare anche i giocatori che hanno avuto meno spazio ma che sono stati decisivi nel momento del bisogno: “Viene facile sottolineare quanto siano stati importanti Osimhen, Kvara e pure Lobotka e Kim. Ma gli altri, invece, sembravano uomini normali che invece hanno offerto un contributo sensazionale. Tutti, nessuno escluso. Penso a Raspadori, che ha avuto poco spazio perché con quel mostro davanti non si poteva fare diversamente. E poi a Simeone, serio, determinato: entrava e segnava”.
Infine, da capitano a capitano, ha così parlato di Di Lorenzo: “Fosse arrivato dall’Argentina lo avrebbero chiamato Zanetti e se fosse stato acquistato in Inghilterra sarebbe stato per tutti Walker”.
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