“Il bambino che aspettate è affetto dalla sindrome di Down”. Una madre e un padre che ricevono una notizia di questo tipo , sono portati a pensare che da quel momento la loro vita sarà in salita, che il loro figlio non riuscirà ad essere felice come si meriterebbe e non avrà la libertà di fare tutto quello che faranno amici e compagni. Ma sarà proprio quel bambino, con il tempo, a smentirli. Oggi è la giornata mondiale della sindrome di Down ed è il momento migliore per raccontare la normalità con cui, i ragazzi affetti da questa patologia, si innamorano di un gioco che è passione comune a milioni di persone: il calcio.
Ne abbiamo parlato con i professionisti della scuola calcio Insuperabili, che seguono passo passo gli allievi con questa sindrome iscritti alle diverse Reset Group Academy e sanno a perfezione come gestire il loro percorso.
Cos’abbiamo imparato? Che attraverso questo sport apprendono il rispetto delle regole e il senso dell’impegno. Che quasi tutti ambiscono alla maglia 9,10 o 11. Che preferiscono giocare in attacco perché si fa meno fatica (si, i ragazzi Down tendono ad essere un po’ pigri). Abbiamo imparato che attraverso il calcio sviluppano l’interazione sociale ma anche le connessioni neuronali favorite dall’esercizio fisico. Che vogliono sempre calciare perché per loro (e non solo) l’importante è fare gol. Che l’allenamento è un momento di apprendimento, di conoscenza del proprio corpo e di sfida con se stessi per superare i propri limiti. Che sono testardi, qualità che depone a loro favore quando si tratta di svolgere esercizi a ripetizione.
Che hanno un fortissimo spirito di appartenenza e di gruppo: aiutano i compagni quando sono in difficoltà e fanno una grande fatica ad accettare la sconfitta della squadra. Abbiamo scoperto che tanti di loro facilmente “mettono il muso” e per questo ogni attività che sono chiamati a svolgere viene proposta come un gioco, in aree ben delineate affinché mantengano alta la concentrazione. E che alla fine di ogni sessione di esercizi, se trovano una torta da dividere e condividere coi loro compagni, ne saranno particolarmente entusiasti, perché di norma sono buone forchette.
In ultimo abbiamo capito che si vogliono bene al di fuori del campo, perché l’amicizia, per loro come per tutte le persone che credono in questo valore, è senza spazio e senza tempo.
In effetti, a rileggere le informazioni che ci sono state consegnate su questi ragazzi e sul loro approccio al calcio, ci viene da considerare che in fondo, per la maggior parte degli aspetti, non c’è alcuna differenza tra loro e i giocatori che guardiamo in tv ogni domenica. E quindi, forse, l’unico messaggio a cui associarsi è quello che sponsorizzano loro stessi, in modo ironico, sulle magliette che spesso indossano: “Calma. E’ solo un cromosoma extra!”
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