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In inglese, steward vuol dire letteralmente “guardiano di casa”. È discreto, non compare molto, sta al suo posto ma intanto si prende cura dello spazio. Lo protegge. Non è poi un significato così diverso dall’accezione attuale. Solo che lo spazio è ingigantito: grandi aree, stadi. Pensate a questo: in Italia, si contano tra i 15 e i 18mila steward impegnati durante le partite, ogni settimana. Un numero enorme, il classico sottobosco silenzioso che quando viene a mancare, lo fa percepire eccome. “È una categoria di cui si parla poco” conferma a Gianlucadimarzio.com Tony Freddoneve, che è presidente della società “Isola dei gabbiani” con la quale ha formato 12mila steward dal 2008 a oggi. È socio fondatore della SIA (Steward Italiani Associati) ed è consulente per la Juventus Under 23, vice delegato alla gestione degli eventi. Da qualche settimana, sta portando avanti una battaglia.
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“Siamo stati fermi quattro mesi”, dice, “senza alcun ammortizzatore, bonus o aiuto. Fermi e basta. E ora hanno ripreso in pochi”. Quanti? “Circa il 3% della categoria: allo stadio possono lavorare solo in venticinque o trenta. Gli altri sono tutti rimasti a casa, con i problemi che ne conseguono”. Chi lavora, lo fa a ritmi sostenuti: il racconto è di Vito Massimiliano Bucci, steward dello stadio Olimpico “Grande Torino”, con il quale abbiamo vissuto una partita insieme (guarda il video in alto).
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E gli altri aspettano. Con poche possibilità di ripartire per ora. “Da qualche settimana abbiamo contattato il Ministero e le varie Prefetture, per offrire un piano di lavoro e permettere il reintegro di queste figure professionali: avevamo pensato alla possibilità di impiegarli per controllare i distanziamenti nei parchi o nelle grandi aree pubbliche, ma non se n’è fatto poi nulla. La cosa che ci lascia perplessi è che si possa tornare a viaggiare sui pullman, andare nei cinema, nei teatri, si potranno organizzare eventi fino a mille persone… perché gli stadi no? Credo sia più contagioso un viaggio su un mezzo pubblico rispetto a 10mila persone in un impianto da 75mila, come potrebbe essere quello di San Siro”.
Occorrerà aspettare ancora, con il rischio di una nuova criticità: “Stimiamo che il 25% degli attuali lavoratori deciderà di non riprendere, vista la paga minima (dai 25 ai 42€ a partita) e le responsabilità alte. È possibile che torneremo alla situazione del 2008, quando con la crisi economica è aumentata la richiesta”. Che ha creato anche dei problemi nel tempo: “Solo le società che assumono direttamente gli steward possono pagare con i voucher, tutti gli altri invece hanno un contratto a intermittenza: prevede una tassazione del lavoro più alta, a carico del lavoratore stesso. La competenza è la stessa, la retribuzione no: è un’altra questione che vogliamo sottoporre all’attenzione del Governo, perché la figura degli steward si è resa davvero fondamentale all’interno degli stadi”. Gli atti di violenza dentro le strutture sono stati quasi del tutto ridotti a zero, “e poi pensiamo a questi ultimi giorni: in Spagna si è verificata addirittura un’invasione di campo a stadio chiuso. Da noi no, segno che i controlli sono di alto livello”.
Il guardiano della casa serve proprio a questo in effetti. E adesso aspetta di poter tornare a lavorare. Con discrezione, come sempre. Il calcio dovrà ripartire anche da qui.
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