Il calcio moderno, forse, ci sta abituando davvero troppo bene. Praticamente ogni giorno ci sono in programma partite da seguire, quasi da togliere il respiro. E non solo ai tifosi: le conseguenze, infatti, ricadono principalmente sui calciatori, sempre più esposti ad infortuni.
Basti pensare alle squadre inglesi, con tre competizioni “domestiche” oltre agli impegni europei: per un club che dovesse arrivare in fondo a Champions League, Coppa di Lega e Fa Cup (oltre alle Supercoppe europee e nazionali e il Mondiale per Club), arriverebbe a giocare 67 partite all’anno.
Subito dietro, nel podio, c’è la Spagna con 62 partite e la Francia con 61. L’Italia, invece, è in quarta posizione con 60 potenziali partite per una squadra che dovesse arrivare all’atto finale di ogni competizione a disposizione. Nei top 5 campionati europei, la nazione in cui si gioca meno è la Germania, con 57 partite, favorite anche dalle solo 18 squadre che formano la Bundesliga. Tutto questo senza contare le partite delle nazionali. Dal 2024/25 cambieranno anche i format della Champions e del Mondiale per club e il calendario si infoltirà sempre più e un giocatore potrebbe arrivare a circa 80 partite stagionali, una ogni quattro giorni.
Per fare un paragone con il passato, nella stagione 1989/90, il Milan di Sacchi campione d’Europa giocò un totale di 54 partite (il massimo possibile). Nel 2021/22, il solo Bryan Cristante ha giocato 62 gare (50 con la roma e 10 con l’Italia) mentre nell’annata precedente Pedri ben 73 totali tra Barcellona e Spagna. Da quella attuale, invece, potrebbe arrivare un nuovo recordman visto il Mondiale giocato a dicembre.
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