Filosofia, campagna e romanzi: Calabro, il “Cincinnato” che ha salvato la Carrarese

L’allenatore che ha salvato la Carrarese è un appassionato di filosofia e un lettore romanzi.
Come Cincinnato, console e dittatore nella Roma del V secolo, a un certo punto della sua vita ha deciso di ritirarsi in campagna.
“Ho preso spunto dalla filosofia, dalla natura, dalla campagna, da un orto e dal mare“. Quando lo racconta, Antonio Calabro esprime subito quel “benessere interiore” acquisito nei sei mesi senza panchina.
“Mi sono serviti per leggere, studiare ed essere più paziente, per capire da quello che mi gira attorno come funzionano le risorse umane, i rapporti con gli altri“. Insegnamenti messi in pratica a Carrara. Da gennaio a giugno, altri sei mesi per entrare nel cuore dei tifosi: prima il ritorno in B dopo 76 anni, poi la salvezza e un clamoroso dodicesimo posto.
A inizio anno, tutti davano la Carrarese per spacciata; ma l’unità d’intenti, il legame col pubblico, la serenità nel lavoro quotidiano hanno reso realizzabile ciò che sembrava impossibile.
I segreti di Calabro, l’allenatore che ha salvato la Carrarese
“Io ci ho sempre creduto“, racconta Calabro a gianlucadimarzio.com. “Guardando la composizione del campionato non sapevo quali squadre sarebbero arrivate dietro di noi ma ero convinto che 5 ci sarebbero state. Alla fine sono state persino 8 e questo non fa che dare ulteriore valore alla nostra stagione“.
A 48 anni, Calabro ha trovato la sua giusta dimensione. Una carriera in campo da difensore, poi dal 2011 in panchina. Casarano, Gallipoli, Virtus Francavilla, sempre nella sua Puglia. Poi il grande salto: la B con il Carpi nel 2017. Dopo un anno, l’umiltà di rimettersi in gioco nelle categorie inferiori: Viterbese, Catanzaro in C e di nuovo Francavilla. Dunque la Carrarese, una B ritrovata sul campo e riconfermata con sudore e impegno: “Ho messo in atto quello che è stata un’esperienza globale di 10 anni da allenatore“.
Dalle sconfitte alla salvezza, i momenti chiave della stagione
La salvezza è arrivata aritmeticamente dopo una sconfitta, a Mantova. Ma il vero momento decisivo era stato qualche giorno prima, allo Stadio dei Marmi contro il Modena: in 10 contro 11 per oltre 70 minuti, vantaggio, pareggio degli ospiti e poi la vittoria. “Come l’arbitro ha fischiato la fine della partita, mi sono girato verso la tribuna dove c’era seduto il mio presidente e i dirigenti. Ho fatto segno verso di loro per dire ‘ce l’abbiamo fatta, tutti insieme’“, racconta Calabro. “Inutile negarlo, quando si ottengono i risultati una percentuale importante è data dalle persone che hai intorno. Li ho apprezzati più nelle situazioni difficili che in quelle facili: a gennaio hanno compattato la squadra nel momento in cui ne aveva più bisogno“.
Contro il Modena, l’apice di un percorso cominciato in Serie C a inizio 2024. “Ho trovato una squadra forte, integra, giovane e tecnica insieme a un ambiente di cui avevo bisogno. Assomigliava molto alla mia prima Virtus Francavilla quando arrivammo ai playoff in Eccellenza da neopromossa. Un ambiente familiare dove potermi esprimere al meglio. Non è stato difficile trovare accorgimenti tattici perché sono giocatori forti“. Poi i playoff, con un percorso tanto netto quando inaspettato. In estate, dopo il successo in finale contro il Vicenza, “sono stati presi giocatori con esperienza e altri invece che si affacciavano alla Serie B per la prima volta. Si è intravisto del potenziale e li abbiamo fatti crescere“. Un perfetto mix “per rimettersi in gioco e per i giovani che vogliono crescere“.
I momenti difficili in questa stagione non sono mancati. Per esempio le cinque sconfitte di fila tra gennaio e febbraio. Ma il punto più basso è stato un altro, il k.o. di marzo contro il Frosinone in casa: “In quel momento sono voluto intervenire perché vedevo scoramento dopo aver perso uno scontro diretto. Ciò che mi aveva preoccupato era stata la mancanza di reazione della squadra, che per la prima volta in stagione non aveva avuto il giusto carattere. Per questo ho sentito l’esigenza di ribadire le convinzioni che avevo“.
“Vorrei che i nostri tifosi non cambiassero mai”
Allo Stadio dei Marmi, la Carrarese è sempre stata un avversario ostico per tutti: ci hanno perso il Palermo, il Pisa, la Sampdoria, il Cesena, il Bari. I toscani sono la quarta squadra per punti casalinghi nella stagione 24/25. Qual è il segreto di questo rendimento? “La mancanza di una fisionomia ben definita. Mi spiego: la Carrarese ha sempre saputo adattarsi all’avversario, quando c’era da pressare alto e quando invece c’era da tenere il baricentro basso. Questo per me è motivo di orgoglio ed è ciò che ricerco da quando alleno“.
A fare la differenza sono stati anche i tifosi. Sempre presenti, anche nella lontanissima trasferta di Cosenza. “Conosco la maturità di questa piazza. Vorrei che i tifosi non cambiassero mai: mi piacerebbe che anche l’anno prossimo si comportassero come in questo, non facendosi condizionare da quello che accade sempre in Italia. Magari tra 2,3,4 anni non saranno più soddisfatti di quello che facciamo, vorrei esortarli a mantenere sempre questo timbro perché se così sarà li differenzierà rispetto alle altre piazze. Loro sono differenti perché vengono da un’educazione, un’abitudine decennale di gente che ha lavorato tantissimo e ha fatto lavori di sacrificio e cooperazione, ce l’hanno nel DNA“.
Il DNA di Carrara
E qual è invece il DNA di Calabro? “Mi definisco un giovane allenatore. Sono sempre propenso a studiare, poi il mio staff mi permette di dedicarmi alla scrivania. Partendo dall’Eccellenza e avendo sempre improntato la mia carriera sulle vittorie dei campionati, ho sempre impostato le partite e gli allenamenti come fosse una questione di vita o di morte, con la rabbia e la cattiveria agonistica che spesso mi portavano allo scontro se qualcuno non la pensava come me“. Tra i modelli di Calabro c’è anche Inzaghi: “Lui e altri allenatori, anche stranieri, sono stati ospiti delle mie serate di studio“. La gestione del gruppo è oggi un tassello fondamentale del suo lavoro: “Se trovi un gruppo sano ti togli delle soddisfazioni, in altre situazioni no. Ma nei sei mesi lontano dalla panchina ho capito che non sempre è necessario arrivare allo scontro; ho imparato a gestire le sconfitte e le vicende negative in maniera diversa, trovando comunque qualcosa di positivo al loro interno. Non è sempre tutto cattivo“.
Uno dei romanzi preferiti di Calabro è “Il gabbiano Jonathan Livingston“, di Richard Bach. Racconta di un gabbiano che, andando contro le abitudini della sua specie, perfeziona la sua tecnica di volo realizzando la sua passione. Inizialmente sottovalutato e deriso da tutti nel suo stormo, centra il suo obiettivo con impegno e abnegazione. A Carrara, grazie anche al lavoro di Calabro, nessuno oserà più sottovalutare una squadra che, come il gabbiano del romanzo, ha imparato a spiccare il volo.
A cura di Andrea Monforte e Alessandro Neve