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Cagliari, l’umiltà di Isla: “Juventus? Due anni fantastici, ma forse non ero all’altezza: non sono un fuoriclasse”

L’umile mandriano sta conquistando Cagliari. Lasciare la Juventus non è mai facile, ma Mauricio ha trovato in Sardegna la sua “Isla” felice. Prestazioni in continuo crescendo per “El Huaso“, grato ai bianconeri per l’opportunità avuta in passato:

“Ho accettato il passaggio dalla Juve al Cagliari con grande entusiasmo” – si legge nelle pagine del Corriere dello Sport – “Io non mi sono mai sentito un campione o un fuoriclasse e non voglio che qui mi considerino tale. Sono solo un giocatore che cerca di lavorare al massimo e di impegnarsi per regalare soddisfazioni ai suoi tifosi e far arrivare quanto prima la sua squadra all’obiettivo della società. Andare a giocare nella squadra più forte d’Italia è stato un sogno ma allo stesso tempo un po’ una sorpresa perché ho vissuto anni bellissimi a Udine. Poi mi sono infortunato e quando le cose sembravano mettersi male è arrivata la proposta della Juventus. Forse non sono stato all’altezza di quella squadra dove c’erano tanti campioni, ma sono stati due anni fantastici per me. Ho avuto la possibilità di lavorare con alcuni dei giocatori più forti al Mondo”.

I campioni bianconeri che lo hanno maggiormente impressionato? Domanda dalla risposta scontata per Isla: “Facile dire Pirlo e Buffon, dei quali parlo ai miei amici quando vado in Cile. Ma non tanto per quello che fanno in campo perché come calciatori non li scopro certo io, ma perché pur avendo più di tren’anni, si allenano come se ne avessero quindici e si comportano da veri leader. Poi ho lavorato accanto a tanti altri, come Tevez ma mi sono sempre trovato bene con tutti”. Prime impressioni sul Cagliari?Sono arrivato qui e ho ritrovato Padoin e Storari, con quest’ultimo che appena finita la Coppa America mi aveva chiamato per convincermi a venire in Sardegna. Ma ho conosciuto con piacere anche un grande campione come Bruno Alves o gli altri sudamericani come Rafael, Joao Pedro e Farias con i quali ci ritroviamo spesso”.

Obiettivi? Un passo alla volta: “Io sono abituato a fare un passo alla volta. Certamente se la squadra dovesse far bene allora sarebbe un buon modo per far arrivare altri giocatori importanti, ma tutto passa per i risultati del campo. Non vediamo l’ora di arrivare a quaranta punti e poi far divertire i tifosi. La salvezza è il primo punto per poter pensare in grande in futuro. Io ho tre anni di contratto e sono arrivato in un posto e in una squadra dove si sta benissimo quindi non metto limiti a quello che potrà succedere. Le proposte erano tante ma avevo nostalgia dell’Italia, del cibo italiano e degli amici. Quando ho parlato per la prima volta col direttore, mi ha subito convinto dell’ottimo progetto del Cagliari: stadio nuovo, salvezza e programmi ambiziosi per il futuro. Il sì è stato quasi automatico”.

Giulini e Agnelli, presidenti per certi versi simili: “Hanno in comune il fatto di essere giovani e ambiziosi. Poi ovviamente uno gestisce una grande squadra e l’altro una più piccola ma quando un giocatore sa di avere alle spalle un presidente così che lavora con passione per la squadra, è fondamentale”. Su Rastelli: “Uno che ti parla sempre in faccia, sia quando devi giocare che quando devi andare in panchina. So che mi ha voluto fortemente e questo non può che farmi piacere”. In chiusura d’intervista un accenno alle “favole” rossoblù: “Per fortuna ho avuto una carriera tranquilla ma mi ha fatto piacere vedere quello che è successo a Cagliari, in particolare Pisacane, una storia bellissima. Vederlo in allenamento o in partita ti dà una gioia contagiosa”.

Redazione

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