La Serie B con la Juventus, il ritorno al Parma e il futuro. Gianluigi Buffon ha ripercorso la sua carriera, tra vittorie e aneddoti, in una chiacchierata al podcast di “Passa dal BSMT”.
Nel corso della sua carriera da calciatore Buffon ha riempito la propria bacheca di successi individuali e soprattutto di squadra. Diciannove anni vissuti in maglia bianconera e di ricordi indelebili ce ne sono. “Penso al primo scudetto vinto, quello del 5 maggio a Udine, era inaspettato e al primo con Conte. Quell’anno fu una cavalcata magica, è stato lo scudetto della tenacia. Antonio era come un elettroshock, grazie al suo essere carismatico e al suo essere leader ci ha scosso: fu molto bravo nel convincerci con le sue proposte di gioco. Venivano da due settimi posti, ma io ero sicuro che saremmo arrivate tra le prime due in classifica. Il Milan quell’anno era la squadra più forte ma certe cose le percepisci subito“.
Nella lunga esperienza alla Juventus, anche l’incubo della Serie B. “Nei momenti duri non mi sono mai girato dall’altra parte, alla fine dei conti viene fuori chi si è veramente. Quella fu un’occasione per dimostrare come sia possibile giocare anche per altri valori. Se lo rifarei? Altre 100 volte. Dopo la vittoria del Mondiale, andai in sede e percepii un’aria di dismissione, era un cataclisma: dissi che se a loro fosse interessato io sarei rimasto”.
Si torna sempre dove si è stati bene. Da Parma a Parma: la carriera da calciatore di Buffon termina tra i pali dell’Ennio Tardini. “Tornare al Parma è la scelta di cui vado maggiormente orgoglioso. Avevo 43 anni, mi sarei potuto fermare o concludere alla Juventus. Mi erano arrivate anche chiamate per giocare la Champions, ma poi è arrivato il Parma e mi son detto che quella era la fine migliore che potessi fare. Non è andata come speravo, volevo tornare in Serie A, ma lì mi son regalato due anni splendidi. Proposta dall’Arabia? Mi è arrivata quando avevo deciso di smettere”.
Non solo calcio. Nel futuro di Buffon c’è molto altro: “Ora c’è la nazionale: ho un contratto fino all’Europeo. Sono felice che Gravina e gli altri abbiano pensato a me, dandomi questo ruolo che era di Vialli e ancora prima di Riva. Abbiamo un CT straordinario, che è un valore aggiunto. Futuro da allenatore? Ho visto tanti compagni diventarlo e li ho visti ‘bruciati’ nella testa, ho allungato la mia carriera da calciatore per evitare di diventare tecnico. Sto facendo un master per diventare manager d’azienda perché non si sa mai nella vita“.
Nel corso dell’intervista, l’ex portiere della nazionale italiana è tornato a parlare del delicato tema della ludopatia. “Sicuramente è stato uno dei momenti nei quali mi sono sentito più offeso in vita mia, nel mio orgoglio. Non mi sono neanche speso in polemiche o quant’altro perché dovevo cominciare sempre delle competizioni importanti: l’equilibrio mentale è fondamentale. Dal punto di vista personale è stato offensivo: ora è capitato a questi ragazzi. Sono usciti tantissimi nomi, ma alla fine ne son stati squalificati due, e gli altri se li ricordano tutti ma nessuno ha chiesto scusa. In Italia tutti diventano bacchettoni quando si parla di scommesse, ma poi si va a fare la schedina, il gratta e vinci e così via. Ma io non condanno quelle dinamiche, perché il gioco è una parte importante della vita. Secondo me la ludopatia è quanto tempo dedichi a certe cose, non quanto spendi“.
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