Le tre finali di Champions League perse, l’esordio in Nazionale sotto la neve, l’interesse per la pittura, le scommesse, Messi e Ronaldo e tanto altro. Gianluigi Buffon si è raccontato ai microfoni di Corriere Della Sera in occasione dell’uscita del suo nuovo libro “Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi“.
“Ho giocato con tre generazioni, come faccio a dirlo? Zidane, Ronaldo, Messi, CR7, Iniesta… Ma se devo sceglierne uno dico Neymar. Per il giocatore e il ragazzo che è, avrebbe dovuto vincere cinque Palloni d’Oro” ha dichiarato l’ex numero uno della Juventus ai microfoni. Una scelta quasi a sorpresa.
E Messi e Ronaldo? “Finale di Champions del 2015. Intervallo. Sento una mano sulla schiena: “Gigi, ce la scambiamo adesso la camiseta?”. Era Messi. I veri grandi non se la tirano mai. Con Cristiano invece ho sempre avuto un bellissimo rapporto: confidenze, giudizi sulle nuove leve. Vedevo in lui una grande forza e anche una fragilità, legata all’assenza del padre, al percorso duro che ha dovuto affrontare“.
E poi anche un retroscena, che avrebbe visto la sua carriera finire in modo diverso. “Avevo un’offerta dal Barcellona come secondo portiere: l’idea di giocare con Messi, dopo CR7, mi piaceva. Un giorno però stavo guidando, e alla radio fanno sentire “Bella” di Jovanotti. Alzo lo sguardo, e vedo il casello di Parma. Un segno. Chiudere dove tutto era cominciato“.
Manchester 2003, Berlino 2015, Cardiff 2017. La Champions League non ha mai voluto troppo bene a Buffon, che ha perso tre volte in finale. “Il Barcellona del 2015 e il Real Madrid del 2017 erano le squadre più forti degli ultimi vent’anni. E a Manchester avevamo comunque di fronte il Milan di Shevchenko“.
Poi, il buio verso la fine del 2003. “Mi si spalancò davanti il vuoto. Cominciai a dormire male. Mi coricavo e mi prendeva l’ansia, pensando che non avrei chiuso occhio. Poi il primo attacco di panico in campo: sentivo una pressione al petto, non riuscivo a respirare“.
“Riuscii a entrare in campo per non crearmi un precedente, ma il problema rimaneva. Il dottor Agricola fece la diagnosi, poi confermata dalla psicoterapeuta: depressione. Rifiutai i farmaci. Ne avrei avuto bisogno, ma temevo di diventarne dipendente. Dalla psicoterapeuta andai solo tre o quattro volte, ma mi diede un consiglio prezioso: coltivare altri interessi. È così che ho scoperto la pittura e Chagall“.
Una storia che si ripresenta ciclicamente, quella tra Gianluigi Buffon e le scommesse. “È stata la mia debolezza, fino a quando non ho trovato il mio centro. Per qualcuno è un vizio. Per me era adrenalina. Di una cosa sono certo: non ho mai fatto nulla di illegale“.
“Infatti non sono mai stato indagato, non ho mai ricevuto un avviso di garanzia. Perché non ho mai scomesso sulla Juve, sulla Nazionale o sul calcio. Solo basket americano e tennis. Ora non ne sento più il bisogno. Al massimo vado due o tre volte l’anno al casinò, ma è diverso“.
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