Il suo primo addio alla Juventus si era consumato in un pomeriggio di maggio piovoso e festoso, a Torino tre anni fa. Era stato un addio annunciato e celebrato solennemente, nel contesto più consono e abituale per i bianconeri: la vittoria di uno scudetto. Era andata così anche con un certo Alessandro Del Piero. Sulla maglia una patch: “Unico”, che però non si è rivelato sinonimo di irripetibile: perché un anno dopo, sarebbe tornato. “A casa”.
Non si sa se quella contro il Sassuolo sia stata l’ultima partita – stavolta davvero – con la maglia della Juventus per Gigi Buffon: ma mercoledì sera il portiere bianconero si è probabilmente regalato il suo secondo addio, diverso. Nessuna coppa da alzare, niente pioggia, nessun giro di campo sotto un pubblico festante. Anzi, proprio nessuno spettatore, purtroppo. Ma, forse, un addio più alla Buffon per quello che si è visto in campo: una partita con ancora una posta in palio, un rigore parato, un record battuto, la rabbia dopo un gol subito come se fosse ancora il 1995.
Pochi giorni fa – un po’ a sorpresa per le tempistiche e non per l’annuncio in sé – aveva comunicato che la sua seconda esperienza a Torino sarebbe finita al termine di questa stagione. Una stagione strana, se non altro perché non sarà vincente (al netto di due trofei “minori”, uno conquistato e uno potenzialmente conquistabile). E perché lo ha visto raramente protagonista. “È giusto che tolga il disturbo, è finito un ciclo”, aveva detto.
Un “disturbo” che dice: 13 partite giocate quest’anno (Crotone, Spezia, Cagliari, Barcellona, Parma, Genoa, Spal, Inter, Inter, Crotone, Napoli, Parma, Sassuolo), undici vittorie, due pareggi e zero sconfitte per la Juventus. E una leadership che non è mai mancata, anche quando, la maggior parte delle volte, non poteva che limitarsi a incitare i compagni dalla panchina. Il rigore parato a Berardi gli consegna un altro record: Buffon, con i suoi 43 anni, 3 mesi e 14 giorni è diventato il portiere più anziano a fermare un tiro dal dischetto, battendo Ballotta che si era fermato, per così dire, a 42 anni, 1 mese e 4 giorni nel 2007, parando un rigore a Ferrante in Ascoli-Lazio 1-4.
Che sarà mai, per chi detiene già: il record di presenze in Serie A, in assoluto (657) e con la Juventus (489), il record di presenze in Nazionale (176), il record di scudetti vinti (10) e la striscia di imbattibilità più lunga della Serie A (974 minuti)? Forse poco, forse tutto. Nel post-partita ha glissato sul futuro, ha detto che si prenderà un po’ di tempo. Perché troppo poco ne è passato dopo aver “tagliato questo cordone, qua dove c’è la mia storia, la mia gioia, le mie lacrime, la mia casa”.
Lo ha chiamato il suo secondo tempo alla Juve: la sua fine, segnerà probabilmente anche l’inizio di una ricostruzione necessaria e profonda per la società bianconera. Buffon per un po’ la guarderà da lontano: non sa ancora se distrattamente, mentre tiene i piedi sulla linea di porta di un altro campo; o chissà da quale parte del mondo, mentre magari si starà godendo un po’ di riposo. Certamente, lo farà con una consapevolezza in più: non esiste un modo perfetto per dire addio, né il tempo: ma per trasformarlo in un ennesimo nuovo inizio, sì.
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