Si chiama Farid Boulaya e se vi capitasse di leggere il suo nome tra gli undici di partenza del match che state per vedere, capirete di essere finiti nel posto giusto. Se è in giornata buona, Boulaya è un giocatore da guardare con i popcorn in mano e gli altri in bocca. Talento sopraffino, tecnica raffinata. Robert Pirès lo ha definito così: “È un creatore, un numero dieci puro. Godiamoceli questi giocatori perché il “10” è una specie in estinzione”. Boulaya poi è Il miglior realizzatore di calci di punizione dei top 5 campionati europei nel corso delle ultime due stagioni, con quattro gol fatti. Pennellate splendide, come questa:
Boulaya ha 28 anni e gioca nel Metz. È cresciuto in Provenza con il pallone tra i piedi e con gli amici pieni di sbucciature sulle gambe. Tra le vie di Vitrolles, il paese dov’è nato, Farid ubriacava tutti con i dribbling e le finte, iniziando a prendere le misure con gesti tecnici che diventeranno presto il suo marchio di fabbrica. Una volta, quando giocava nell’Under 17 dell’Istres (il club con cui ha esordito tra i professionisti) provocò due rossi nel giro di due minuti. La sua squadra vinceva 6-0 e Boulaya iniziò a provocare gli avversari. Finte su finte. Alla fine, arrivò l’inevitabile: stecca di un avversario, rosso. Ma Farid non s’intimidì. Sulla punizione seguente, si fece dare il pallone e ricominciò da capo. Una finta dopo l’altra, fino a un altro fallaccio. Altro rosso. Boulaya è questo: “Non posso fare a meno di dribblare. Se smetto, non gioco più a calcio”.
Imprevedibile. Da talenti come lui ci si può aspettare di tutto. Scelte geniali e altre discutibili. Come quando il 7 febbraio 2018, quando già era del Metz, fece un cucchiaio nell’ultimo rigore della lotteria contro il Caen in Coppa di Francia. Parata del portiere facile facile e Metz eliminato. Pioggia di critiche per il ragazzino che risponderà così: “In campionato eravamo ultimi e lottavamo per non retrocedere. La Coppa era la cosa meno importante e ho provato. Ma ci sono stato male: non lo rifarò più”. Odi et amo. Boulaya fa disperare e godere, ma ultimamente il suo livello si è alzato in maniera esponenziale. Tanto che dopo sedici anni un giocatore del Metz ha riconquistato il premio di miglior giocatore della Ligue 1 del mese (premio ricevuto lo scorso gennaio). L’ultimo fu un certo Franck Ribéry.
Il talento di Boulaya, nonostante gli alti e bassi, non passava inosservato già anni fa, quando ancora vantava solo due presenze in Ligue 1. Tanto che il Girona (club facente parte della City Football Group, la ‘multinazionale del calcio’ a capo del Manchester City) lo acquistò nell’estate del 2017. Bilancio in un anno: ventisette minuti giocati. Giustificati così: “L’allenatore mi voleva far giocare esterno in un 3-5-2. Mi rifiutai. Preferisco giocare quindici minuti nel mio ruolo piuttosto che una partita da esterno”.
Boulaya è così. Se è sereno (e al suo posto), può vincere le partite da solo. Altrimenti si eclissa. Caratteristiche che accumunano molti dei fantasisti a cui ogni tanto vanno tirate le orecchie ma che poi decidono da soli se essere principi o ranocchi, tenendo il coltello dalla parte del manico per le proprie sorti e spesso anche per quelle delle partite. Coltello, sì. Non parlategli più di cucchiai.
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