Quella di questa sera sarebbe potuta essere la sua partita. Bosnia contro Italia, perfetta metafora della sua vita. Invece, Milan Djuric dovrà guardarla dal divano di casa. L'Italia, così come la Bosnia, gli offriranno in un match il refrain della sua vita: l'attaccante della Salernitana dovrà "scegliere" chi tifare, nel suo personalissimo derby. "Mi hanno sempre insegnato ad amare la Bosnia e ce l’ho nel cuore. Così come l’Italia". Nato a Tuzla ma cresciuto nelle Marche, questa sera il centravanti – 6 partite e 2 gol in stagione – ripercorrerà la sua vita (e la sua carriera) davanti al televisore.
Con l'Italia ha un forte legame: nel '91, quando aveva solo un anno e mezzo, ha lasciato la sua Bosnia per emigrare a Pesaro, "Ho dovuto lasciare la Bosnia, con mia madre abbiamo seguito mio papà che precedentemente si era trasferito a Pesaro perché avevamo dei parenti lì. Per fortuna non ho vissuto la guerra, ma ho visto comunque ciò che essa ha lasciato nella mia terra. Sofferenza, tristezza, rovine. C’è molta povertà lì, in più io venivo da un paesino in mezzo alle montagne". L'italiano è la sua lingua madre, lo parla perfettamente, anche con un leggero accento pesarese. L'Italia lo ha cresciuto da "genitore adottivo", ma il cuore e l'amore per la per la vera "mamma" vincerà su tutto.
Basket, rugby, poi la sua vera dimensione, il calcio: "Quando giocavo nella Vis Pesaro mi seguiva la squadra di basket, la Scavolini. Un giorno ricordo che due osservatori vennero anche al campo e rimasero impressionati dalla mia struttura fisica, ero una spanna più alto degli altri. Ma non solo! Poi ho anche giocato a rugby, facevo l’estremo. In tutta onestà ero anche abbastanza forte. Certo ,se ci vado a giocare ora mi spezzano in due. Per essere rugbista devi essere tosto!”.
Né cestista, né rugbista, ma calciatore, anche se il pallone è arrivato dopo, a 14 anni. Un po' tardi rispetto a tanti colleghi: "Non venendo da una famiglia benestante, cercavo anche di avere una mia piccola indipendenza e così ho lavorato per un anno in un parco giochi per bambini e poi l’estate come cameriere in un hotel. Facevo la stagione, come si dice”. Lavoro in albergo e calcio: "Mio fratello giocava nelle giovanili del Cesena, allora ho provato anche io, ed è andata bene". La fortuna, in Italia, l'ha trovata facendo della passione il suo mestiere. Perchè è soprattuto merito del Cesena che è arrivata la prima chiamata in nazionale maggiore.
In Bosnia ha lasciato un segno indelebile: per i suoi connazionali, Milan è un idolo da quando ha trascinato, da outsider, la Nazionale agli spareggi per Euro 2016. Da subentrato, un gol e un assist contro il Galles. E, non sazio, la rete decisiva contro Cipro. “Quel giorno di ottobre fu così emozionante che non lo ricordo nemmeno – ha raccontato ai microfoni di gianlucadimarzio.com -, è stato il momento più bello della mia carriera. I gol con la maglia della ‘mia’ Bosnia davanti a tutta la mia famiglia. Grazie calcio per le emozioni che mi hai regalato!”. L'epilogo non è dei più fortunati, perchè l'avventura della Bosnia si infrange contro lo scoglio Irlanda, carnefice dei loro sogni europei.
Chissà: se non ci fosse stato Dzeko, Djuric sarebbe uno degli attaccanti convocati in pianta stabile dalla Bosnia. Nonostante questo, Edin resta un idolo e la stima nei suoi confronti non può mancare: "In Nazionale è un mostro, allucinante, impressionante. Davvero. Segna, tiene palla, si scatena". Segno del destino, anche Dzeko, come Djuric, dovrà guardare la partita dalla sua abitazione a Roma. Un filo conduttore, lungo 266 km, che lega, ancora una volta, Italia e Bosnia.
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