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Dall’Ara, 30mila storie da raccontare, una sola da (ri)scrivere

Bologna tifosi
Tifosi del Bologna allo stadio Renato Dall’Ara/IMAGO

Lo stadio di Bologna è uno scrigno di racconti. Il clima della città dalla Juve all’attesa per la finale di Coppa Italia 

Qualcuno ha fatto una gran fatica. Altri si sono arrangiati con soluzioni più agevoli. “Guarda che lavoro di fino che ti ho fatto”. Ok, la prima impresa della serata i bolognesi l’hanno raggiunta: trovare un parcheggio. “Bastava venissi in motorino…”. L’amico ha sempre la soluzione. Eh no…”la scarpinata” per arrivare allo stadio non hanno potuto evitarla. “Sta bon che ho trovato un posto di fortuna alla Certosa”. Che poi sia il parcheggio del cimitero cittadino poco importa. Domenica sera a Bologna non c’era spazio per la scaramanzia.

Si giocava con la Juventus. E l’imperativo era solo uno: “a busso!”. Quello edulcorato, si intende. “Sorbole che coda!“. Lo sconforto di chi sembrava aver perso le speranze ancora prima dell’inizio del match. Forse i tifosi rossoblù non ci faranno mai l’abitudine. Oltre 30mila cuori di ogni età tutti assieme raccolti fra le mura del tempio del calcio emiliano pronti a battere a ritmi decisi e a decibel altissimi non si vedevano dai tempi in cui il nonno seduto sulla poltrona 25, fila 14 “zugheva con le braghe corte”. “Soc*** che stadio!”. Naturale. Istinto primordiale di una passione identitaria. Davanti ai tornelli del Dall’Ara c’era una fila lunghissima. Mancavano cinque minuti al fischio di inizio. A un tratto una serie di boati: “Ohe!”. Sì, lo speaker stava presentando le formazioni. “Con la numero 7 Riccardo?”. “Orsolini!”. D’altronde mancavano ormai tre minuti e “Orso” è sempre l’ultimo dell’elenco.

“Beep!”. Il tornello ha girato. Dentro. Primo scatto del match. Per raggiungere la postazione sugli spalti. La partita è iniziata da un minuto. Altro boato. Lo stadio è già entrato nel vivo. “Ma dai quello è fallo!”. Remo Fleurer era per terra. E già questo era un evento. C’era tensione. Igor Tudor e Vincenzo Italiano non riuscivano a stare fermi. Erano già nel pieno della trans agonistica. “Levati!”. L’allenatore della Juve ha osato anche troppo. Miranda doveva battere la rimessa e dagli spalti volevano farglielo notare.

Un bimbo cercava sostegno nella mamma. “Ma perché si agita quel signore?”. Anche lei, come il suo piccolino, non sapeva esattamente cosa rispondere. Lo sguardo parlava chiaro. Il calcio non era la sua materia. Lei era lì per amore. Non per dovere. Per la felicità di quel “cinno” con la maglia rossoblù numero 7. “Hai freddo?”. A Bologna era quasi una serata estiva, ma l’amore porta anche all’eccesso di attenzione. “Ci pensa John!”. Il ragazzo nella fila sopra, infatti, non perdeva un colpo. Lucumi era invalicabile.

Gli “occhi” del Dall’Ara

Piove. Niente acqua, solo fischi. A Bologna si vedono le stelle questa sera. E, infatti, le tre cucite sul petto dei giocatori della Juventus iniziano a brillare. Thuram portava avanti la sua squadra. Mani nei capelli per il bimbo. Una parola in dialetto piuttosto “colorata” per il navigato tifoso emiliano. “Bona lè, quando si va sotto poi si vince” – ha parcheggiato alla Certosa…
“Oh ma allora!”. No, non era la serata per mantenere i nervi saldi sotto la Maratona. “Finalmente!”. L’arbitro ha estratto il primo cartellino giallo del match per un giocatore juventino. Più invocato di un gol del Bologna. “Grande John!”. Niente di strano, Lucumi ha ancora una volta duellato con Nico Gonzalez.

C’era chi si mangiava le unghie. Chi sbraitava anche senza una vera e propria ragione. Chi rievocava le proprie esperienze: “Vabbè, ma con la Juve non c’è storia”. Qualcuno affogava la tensione mordicchiando e fumando un sigaro che sarebbe rimasto accesso a spargere il suo odore per 96 lunghi minuti. Boato. Tremore improvviso. La maglia numero 8 rossoblù si lanciava sul prato verso la tribuna. Il bimbo saltava. Non vendeva nulla perché i signori davanti a lui erano scattati in piedi. Ma aveva piena coscienza di cosa fosse accaduto. “Per il Bologna ha segnato, Remo?”. “Freuler!”. Giusto così. Dalla scaramanzia di quel famoso parcheggio: “Visto? Non gli hanno fischiato il rigore e ha segnato!”. Il Dall’Ara non si esimeva dai giudizi. Giocatore imprescindibile, il più schierato dall’allenatore Italiano, l’ex Atalanta ha ristabilito l’equilibrio fra le due pretendenti. “Grande Remo!”. Anche Lucumi può aspettare adesso.

Orsolini, attaccante Bologna (IMAGO)
Orsolini, attaccante Bologna (IMAGO)

Generazioni a confronto e una Coppa per unirle nella storia

“Ma l’ha toccata il giallo!”. Era piccolino. E, in effetti, McKennie, forse, era difficile da leggere e pronunciare. “Eh sì, l’hanno visto tutti giovanotto”. Perché il Dall’Ara di oggi è questo: un incrocio di generazioni nelle quali le più adulte (a volte anziane), rivivono negli occhi e nelle domande di quei piccoli tifosi la loro esperienza di “cinno”. Perché Bologna è così: “rimorso per quel che m’ hai dato, che è quasi ricordo, e in odor di passato…” – cantava Guccini. Quel passato che oggi, anche contro l’eterna rivale Juventus, ma proiettato al Milan e all’Europa ha voluto rivivere. In maniera educata. Signorile. Perché è proprio vero “Bologna sì, sei mancata un casino”. Soprattutto in quel posto 25, fila 14.

Le note di Lucio Dalla iniziavano ad avvolgere lo stadio. E il bimbo? Beh…Lucio a lui non avrà detto nulla, ma senza dubbio lunedì mattina, fra i banchi di scuola con gli amichetti, avrà avuto, “una grossa novità” da raccontare e di cui vantarsi. La mamma? Sarà andata a dormire stremata perché del calcio proprio avrebbe fatto a meno, ma felice. E chissà, forse, riuscirà a raccontare al suo piccolo tifoso che, in fondo, c’è ancora tempo “per la sera dei miracoli”. A Roma, dove, forse, qualcuno “sta scrivendo una canzone per lui”. E per quegli oltre 30mila cuori, ognuno diverso, ma uniti da “una vita dedicata al Bologna”. I sogni sono fatti per essere realizzati. E la storia per essere scritta. Ma un dettaglio è certo: anche nella Capitale non sarà facile trovare parcheggio.