Per tanti la partenza di un viaggio. Per altri solo un’esperienza transitoria, ma proiettata al futuro. Verso la consacrazione di sé stessi, con la mente rivolta alle origini che rendono possibile il presente. Anche la Bologna di Riccardo Orsolini è tutto questo.
Una città che accoglie “uno sbarbatello” – come afferma il classe 1997 stesso in una intervista al Resto del Carlino – e lo trasforma in un professionista che, oggi, è per oltre 200 volte simbolo di un desiderio che accomuna un’intera comunità. La doppietta al Lecce come ulteriore consolidazione della convinzione di essere nel posto giusto per continuare nella perseverante ricerca di sé stessi.
Generazioni che si mescolano, si incontrano, condividono istanti di un percorso fra ambizioni e ostacoli del futuro che rimarrà impresso nella memoria. Questa è Bologna. Una realtà nella quale a farla da padroni sono i desideri del domani. Quella concezione che fa di “Bologna una regola”. Conosciuta, studiata, assimilata e fatta propria anche da Riccardo Orsolini. Lui, quel ragazzino che a vent’anni appena arriva sotto le Due Torri forte e consapevole dei suoi obiettivi e della sua passione. Col sorriso e la serenità come bussole del viaggio. Lo stesso spirito che, oggi, dopo 7 anni con la maglia rossoblù sulle spalle, uno stadio che lo elegge beniamino indiscusso e un bottino di 52 reti realizzate, sfoggia per 204 partite con la spontaneità che lo contraddistingue.
Quello che da “Deve darsi una svegliata” – come esortava Mihajlović – oggi è il pezzo pregiato di una squadra che vola a quote di classifica difficili anche solo da pensare. 9 reti stagionali come sigillo di garanzia “Orso”. È quel calciatore che grazie alle prestazioni di indiscutibile qualità sotto la cura Motta ritrova la maglia più prestigiosa. Squilla il telefono, nel bel mezzo di una cerimonia. “Ciao Riccardo, oggi pomeriggio c’è allenamento, il CT Spalletti ti aspetta. A dopo”. Una schiscetta al volo come tradizione marchigiana impone, borsone riempito alla rinfusa e via al volante per raggiungere Coverciano. “Perché Bologna è una regola che…”.
“Quella regola” che papà Paride impartisce sin da piccoli. Nel campo dietro casa insieme al fattore più importante per credere in qualcosa: la potenza dell’affetto. Lui, calciatore dilettante della provincia di Ascoli primo grande artefice del Riccardo di oggi. È quell’incontro inaspettato in riva al mare. In totale libertà. Coi piedi nudi sulla spiaggia, il ritmo delle onde che scandisce l’inizio del viaggio e quel solito pallone che lo accompagna. Remo Orsini e la sensibilità di notare il talento lì dove è espressione di purezza. E così, dal piccolo campetto del Castignano al prato del De Duca di Ascoli è solo questione di attendere. Nella costante pretesa di credere in sé stessi. Dai Pulcini alla prima squadra bianconera. Nel mezzo quella Primavera che racconta di un Riccardo che incontra il suo destino per 22 volte materializzato nell’essenza del suo ruolo: i gol. Lì dove diventare “Orsonaldo” è solo questione di scherzi, sorrisi e allenamento nel calciare le punizioni.
Una fede ascolana mai nascosta e un viscerale senso di appartenenza che a Bologna trova nuovo conforto. Quei 900 abitanti di Rocca in festa alla notizia del Riccardo “juventino” rimarranno istantanee di sua riconoscenza. Mamma, papà e famiglia. I veri gol che costruiscono l’Orsolini icona rossoblù. Bologna e Orsolini: una casa dove sentirsi bene. “Sì, questa vita è bellissima”.
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