L’immagine di Pablo Perez con l’occhio bendato nel giorno della finale di ritorno di Copa Libertadores tra River Plate e Boca Juniors, resterà probabilmente l’immagine simbolo di questa brutta pagina del calcio argentino. In seguito all’assalto di cui è stato vittima il pullman degli xeneizes, infatti, la partita è stata rinviata. Pablo Perez, colpito dai frammenti di vetro del bus spaccati dopo il lancio di pietre, è stato portato presso la clinica Otamendi di Buenos Aires. E a due giorni da quanto successo, è tornato a parlare: “Non potevamo giocare, ma ci stavano obbligando. Cosa sarebbe successo se avessimo giocato e vinto? Chi ci avrebbe fatto uscire da lì? La gente era impazzita, ci avrebbero ammazzato. Ci hanno aggredito fino al momento prima di entrare allo stadio e quando ero in ambulanza sono tornati a lanciare pietre. Avrebbero potuto compromettere anche la corsa in ospedale”.
Il giocatore del Boca se la prende con la CONMEBOL: “Vergognoso il loro comportamento. Schelotto mi ha chiamato al telefono quando ero in clinica, perché tornassi allo stadio: volevano farci giocare a tutti i costi. Ho l’occhio irritato – prosegue – per il vetro che è arrivato da tutte le parti. Se perdo l’occhio, non me lo restituisce nessuno. Non mi sono reso conto bene di quanto è successo, è stato tutto così assurdo. C’era gente ammassata tutta da una parte ad aspettarci, sono stati tre minuti che non auguro a nessuno. Sono molto addolorato, anche per i tifosi del River che non c’entrano nulla e sono molto arrabbiati. Quello che è successo è una tristezza per tutti”. Ora però, la preoccupazione più grande è per la partita che in qualche modo dovrà giocarsi: “Come possiamo giocare in uno stadio dove possiamo morire? Io non lo farò. Ho una moglie e tre figlie, quando sono tornato a casa la più grande piangeva e mi ha abbracciato”.
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