Il nome di Bruno Bertinato, secondo portiere del Venezia, è diventato ormai sinonimo di invalicabile. La prestazione “monstre” contro la Ternana ha fatto il giro d’Italia e del mondo, portando il nome del brasiliano sulla bocca di tanti addetti ai lavori. Per adesso Bertinato è il titolare, in attesa che Joronen torni dall’infortunio: «E’ un momento bellissimo – racconta il brasiliano in esclusiva ai microfoni di gianlucadimarzio.com – perché dopo tanto lavoro, dopo tanto sacrificio ho avuto la mia occasione. Perché poche volte capitano giornate così ad un portiere. Ma con Jesse il rapporto è ottimo, mi ha anche incoraggiato prima della partita. Era il mio esordio in Serie B e direi che è andato bene». Parate su parate che lo hanno eletto MVP della 15esima giornata di Serie B: «Il video della partita è arrivato fino in Brasile, mi hanno chiamato tantissimi amici ed ex compagni. Un po’ l’ho fatto girare anche io per farmi votare ed ha funzionato».
Sorride tanto Bruno, si vede che è un ragazzo solare e si gode al massimo il momento d’oro: «Sì, sono felice, soprattutto perché quello del portiere è un ruolo molto difficile, soprattutto quando sei dietro al titolare. Devi sopportare e aspettare, cercando di farsi trovare pronto quando arriva la possibilità». E diversamente da tanti portiere, Bertinato nasce portiere fin da ragazzo: «Io gioco fin da bambino in porta, ho iniziato a 9 anni. Avevo a casa un piccolo campetto e mi piaceva giocare con mio padre che calciava e io paravo. È lui che ha notato qualche potenzialità, che mi veniva naturale il ruolo del portiere. Poi in famiglia siamo tutti alti e allora ha detto, perché no? Proviamo e vediamo».
Una sola maglia, praticamente una fede per tutta la famiglia Bertinato. «Tutto è iniziato con un campo estivo del Coritiba a 9 anni. Sono di lì, tutti in famiglia tifano il Coritiba ed è stato naturale iniziare con loro. All’inizio era solo un divertimento ma a questi campi estivi c’erano tutti gli allenatori del settore giovanile che facevano le lezioni. Mi hanno detto che avevo potenzialità e potevo iniziare con loro. Ho passato 10 anni con la maglia del Coritiba nel settore giovanile e un anno a cavallo con la prima squadra, senza mai esordire e poi sono venuto subito al Venezia».
Una scelta particolare, senza nessuna esperienza da professionista. «L’inizio di carriera in Brasile per i portieri giovani è molto difficile. Sono davvero pochi quelli che riescono a giocare, la cultura porta a far giocare i portieri più esperti. Basta guardare il Brasilerao. Sapendo questo e avendo sempre il sogno di giocare in Italia, non ho voluto avere la pazienza di aspettare in Brasile. Magari andando in prestito in piccole realtà del mio paese e quindi quando il Venezia mi ha cercato non ci ho pensato due volte e sono venuto».
Un salto in avanti molto grande che ha avuto le sue conseguenze: «Sono arrivato a 19 anni e ho dovuto rifare tutto. Reimpostare tutta la mia base tecnica, adattarmi alla cultura, al paese ma anche allo stile di gioco. Era davvero tutto diverso rispetto al Brasile. Dopo un anno e mezzo di allenamenti, da terzo, ho pensato che fosse il momento giusto di provarci in Serie C. Ed è stata un’ottima esperienza perché mi ha fatto crescere, mi ha fatto scoprire il calcio vero. Alla fine avevo giocato solo con le giovanili. Ho iniziato a vedere la realtà del calcio».
Il Brasile rimane casa e il cuore non può che battere per i verdeoro. E la sconfitta contro la Croazia al Mondiale ha colpito anche il tifoso Bruno: «Mamma mia, non me l’aspettavo. Avevamo tante aspettative su questo Mondiale. La squadra era veramente forte ed abbiamo anche giocato bene. Ma il Brasile gioca pochissimo contro squadre europee e non ha l’abitudine a giocare di squadra contro certe nazionali. Non è un caso che negli ultimi Mondiali siamo usciti solo contro una nazionale europea».
Il sogno di giocare un giorno con la Nazionale, dopo alcune presenze con le giovanili rimane. Magari insieme al suo grande amico Matheus Cunha, attaccante dell’Atletico Madrid: «Siamo cresciuti insieme nel settore giovanile del Coritiba. Da giovani l’ho ospitato a casa, perché lui è dello stato di Paraiba, una regione del nord del Brasile e Coritiba sta a sud, molto lontano da dove è nato. Lui abitava nel Convitto del club ed era lontano da famiglia e dagli affetti. Abbiamo giocato un torneo insieme a Dallas, è stato il primo che abbiamo giocato insieme da titolare. Ma si vedeva avesse qualcosa in più, infatti lo hanno venduto dopo pochi mesi al Sion e da lì è partita. Abbiamo mantenuto un bel rapporto e capita di sentirci ancora oggi».
Domenica c’è il Cosenza e toccherà ancora a Bertinato, con la speranza che Vanoli possa dargli quella maglia da titolare anche dopo il ritorno di Joronen: «Sono ambizioso, credo sia normale. Tutti vogliono giocare e spero di avere continuità in questo campionato, aiutando la squadra. A partire da domani».
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