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Behrami: “La fascia di capitano? Un orgoglio. Ho ancora tante motivazioni”

E’ cambiato tanto Valon Behrami. Dagli inizi della sua carriera ad oggi è un altro giocatore. Più attento e riflessivo, lo disse anche lui un anno fa quando tornò all’Udinese: “Ho messo la testa a posto”. Forse merito anche di sua moglie con la quale si è sposato l’11 luglio scorso dopo il suo quarto Mondiale. Un amore che fa stare bene anche Valon e ora anche la fascia da capitano dell’Udinese. Un bel riconoscimento voluto da Velazquez e approvato dai compagni. Sulle colonne della Gazzetta dello Sport, lo svizzero, si è raccontato a cuore aperto:

Come sono diventato capitano? Dopo la chiusura del mercato, quando è stato chiaro che sarei rimasto, Velazquez mi ha chiamato e mi ha comunicato la sua decisione. Ne vado fiero e orgoglioso perché l’autorità l’ho sempre avuta in spogliatoio. Ma questo è un bel riconoscimento. Quando non giocherò io ci saranno Lasagna o De Paul. Mi sento ancora un calciatore? Finché il ginocchio sinistro regge.. Tutto dipende da lui. Poi le motivazioni le ho e penso che la Serie A sia il top».

Addio alla Svizzera dopo 13 anni? Mi sento svizzero anche se in casa continuiamo a parlare albanese. Con i miei ho lasciato il Kosovo che avevo quattro anni.Arrivammo a Bellinzona da rifugiati, ci diedero il buono della Caritas, e il cibo non ci piaceva. Papà trovò un lavoro come operaio, mamma andò a fare le pulizie. Poi io sono diventato calciatore, ho guadagnato e li ho fatti smettere di lavorare. Il 7 agosto Petkovic con una telefonata di 30 secondi mi ha detto che non avrei più fatto parte della Nazionale. “Poi vediamo”, ha detto. Ma non ho voglia di aspettare, ho detto basta io credo che non possa finire in questo modo dopo 13 anni. Nessun malinteso. È andata così. Ognuno ha la sua classe.

Differenze trova tra la Serie A e la Premier League? Credo la mentalità. Qui se perdi non esci dallo stadio. Non esiste. Lì la mente è più libera e questo aiuta a fare spettacolo. Penso che la A sia un grande campionato in cui ti trovi anche bene umanamente. Ricordo che al West Ham appena arrivato nemmeno mi salutavano, poi al Watford andò meglio: ormai ero rispettato.

L’Udinese? C’è uno spirito positivo in uno spogliatoio con tante culture, buone individualità penso a Lasagna, Machis, Mandragora e De Paul che sta facendo il salto di qualità. Velazquez? Si confronta con noi, continuamente. E io ho ancora il fuoco dentro“.

Redazione

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