Subentrato al 75′ minuto di Milan-Verona, Davide Bartesaghi a soli 17 anni ha esordito in prima squadra con i rossoneri. Suo padre, Daniele, è un artigiano della Brianza, milanista di nascita. Commosso, con la voce rotta dal piatno racconta a gianlucadimarzio.com le origini di una bella favola a tinte rossonere. “L’emozione è fortissima. Già l’anno scorso, quando è andato a Colonia con Pioli e ha esordito, è stato incredibile. L’ho visto entrare in campo e ho sentito il cuore stringersi. Non ci credevo, nulla di tutto questo era calcolato. Era solo un divertimento, un sogno: sta diventando realtà“.
Bartesaghi, diciassette anni, è un aspirante-Theo, con un fisico importante e un mancino da top player. Le caratteristiche tecniche sono facili da descrivere. Papà Daniele, invece, ci racconta i dietro le quinte: “Caratterialmente è chiuso, timido e rispettoso, non è un ragazzo sfacciato. Ha bisogno del suo tempo, ma sa gestire molto bene l’emozione: mi ha detto che in Youth League i fischi lo caricavano. Ora speriamo che impari molto, è un’opportunità unica. Lui sa che se ha bisogno ci sono sempre: di professione sono un artigiano muratore, lavoro da solo, quindi mi gestisco i tempi. Lo porto avanti e indietro se serve, perché questo è il suo sogno“.
La voce di Daniele Bartesaghi dice tutto. È quella di un padre orgoglioso e umile. Ci chiede qualche secondo di pausa: “Scusate, mi sono commosso”. Si schiarisce la voce e ripartiamo: “Ogni ragazzo ha il suo livello di potenziale, non so quale sarà quello di Davide. Ma è arrivato fin qui, mi ha fatto il regalo più bello del mondo”. Lo deve al suo impegno. Ricordo che durante la pandemia, un giorno, è venuto da me e mi ha chiesto: ‘Papà, mi servirebbero degli attrezzi per allenarmi’. I negozi erano chiusi. Così, gli ho preparato io dei bilancieri e dei pesi artigianali, con i materiali che avevo. Andava in camera e si allenava da solo, senza dire niente. In quel periodo è esploso fisicamente”.
Ora il grande salto lo aspetta, dopo una stagione da sotto età in Primavera: “Con Abate non era sempre un titolare, ma la cosa non mi ha mai preoccupato. So che il club ha fiducia in lui, ci vuole pazienza. Intanto, in prima squadra un anno fa lo chiamavano per cognome, ora lo chiamano per nome. È una cosa bellissima. Mi racconta che si trova bene con i compagni più grandi: avere il loro supporto è fondamentale. Sono idoli per me che sono un semplice tifoso, figuriamoci per lui”.
“Pioli lo conosce bene, vuole farlo crescere perché ci vede ampi margini”. E ora, anche Franco Baresi è più vicino alla squadra. Daniele scandisce bene quel nome: l’idolo di sempre, il mito di una vita. “Baresi”: “Racconta ai giovani la sua esperienza, che è storia. Loro devono apprendere, sono lezioni di calcio”.
Da Annone Brianza agli Stati Uniti. I colori rossoneri sono stati sempre un filo conduttore… o quasi: “Quando aveva quattro anni e giocava all’oratorio mi hanno subito detto: ‘Ha una marcia in più’. Il primo club a cercarlo fu il Milan, ma alla fine, sotto consiglio, lo mandai all’Atalanta. Però, ero nuovo nell’ambiente e non ho mai firmato il cartellino: così dopo un anno e mezzo a Bergamo siamo andati al Milan. Al Vismara, al provino, c’erano Inzaghi, Carbone e Maldini. Mi hanno chiesto se Davide volesse far parte della famiglia rossonera. Io non ho avuto parole per rispondere, ero bloccato. Ci ha pensato lui: ‘Sì’. Sono passati undici anni. E ora siamo qui, lo guardo partire con i grandi”. Storie di calcio, di amore e di Milan. “Vai, impara, sogna”, firmato “papà”.
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