Vent’anni dopo, riecco Pasquale Marino in Puglia. Il Bari è la nuova sfida dell’allenatore di Marsala, oltre 150 panchine in A e voglia di riscattare l’ultima parentesi a Crotone di due stagioni fa. A raccontarlo ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com è Elio Di Toro, oggi direttore sportivo dell’Audace Cerignola. Nell’annata 2002/03 era nel centrocampo del Foggia allenato da Marino: formazione in grado di stravincere il girone C di C2. Forza della qualità e delle idee. «Ha portato questo 3-4-3 che in fase difensiva passava a 4 dietro. La base era il dominio del campo – ricorda Di Toro – siamo stati sempre padroni del nostro destino e abbiamo stravinto la C2 e vissuto un campionato di C1 giocandocela con tutti su tutti i campi, nonostante dei problemi societari. Però, detto francamente, quello che portammo era sicuramente un’idea nuova di calcio. E questo prescinde dalla categoria. Sicuramente ci ha dato modo di crescere come calciatori, uomini e approccio a questo mondo». Di Toro lo dice mentre con la mente sfoglia le partite più interessanti di quella stagione: «Un 2-1 a Brindisi contro un avversario fortissimo: c’erano Corona, Francioso, Paratici, Di Meo, tanta roba per la C2 dell’epoca. Poi un 3-0 in casa contro l’Acireale: affrontavamo la quarta in classifica, ancora imbattuta, e vincemmo dominando. In quei casi capisci la tua forza»
In Puglia Marino ci torna in un’altra fase della sua carriera. Lo fa dopo aver scalato le categorie fino alla A con il Catania, il Parma e le coppe europee con l’Udinese. «Con l’esperienza avrà limato delle situazioni – assicura Di Toro – scalare le categorie ti aiuta in questo. Marino è un professionista, una persona perbene con la quale si può costruire un percorso. Ha sempre proposto calcio e ora deve cercare equilibri e la strategia giusta per il Bari. Credo che anche grazie al ds Polito, ci riuscirà in tempi brevi. Ciro avrà fatto anche questa valutazione, il fatto che tra di loro ci sia un rapporto solido dai tempi di Catania può incidere in senso positivo per velocizzare l’inserimento. Parliamo di un allenatore esperto, con capacità e conoscenze che gli possono permettere di abbattere i tempi di ingresso in una nuova realtà». Al suo fianco ci sarà anche il fidato vice, Massimo Mezzini: «Per Marino è un riferimento, si conoscono da tanto tempo e basta un attimo tra loro per capirsi. Mezzini entra bene in un gruppo, ascolta tanto e con lui si parla molto, è empatico e mette i giocatori a proproo agio. In un percorso di integrazione rapido come quello che serve ora può essere fondamentale».
Quel Foggia praticava il 3-4-3, poi Marino ha virato anche sul 4-3-3. Idea che potrebbe tornare utile a Bari. Dove ci sono due profili con un recente passato a Cerignola che Di Toro conosce molto bene: Mehdi Dorval e Ismail Achik. «Credo che il Bari abbia un organico di tutto rispetto – assicura il ds dell’Audace Cerignola – l’allenatore può esaltare alcuni giocatori e tra questi c’ è sulla carta anche Achik. Lui deve solo capire di poterci stare in Serie B, cosa che ha fatto Dorval nella prima parte dello scorso campionato. Più giochi e più trovi convinzione. Isma era timido anche con noi all’inizio».
In quel Foggia c’erano tanti calciatori che si sono poi divisi tra la panchina e il ruolo di ds: Michele Pazienza, lo stesso Di Toro, Giuseppe Di Bari, Antonio La Porta, Antonio Carannante e Roberto De Zerbi, oggi tra gli allenatori in ascesa nel panorama europeo. «Roberto è stato con Marino a Catania, ad Arezzo – ricorda Di Toro – a Foggia era in un momento calcisticamente non facile, aveva avuto dei problemi fisici e si è ripreso quello che gli era stato tolto. C’era un legame solido e vero tra loro, Roberto deve tanto all’allenatore e ha fatto le nostre fortune da calciatore». Il solco è quella dell’eredità di Marino. Che Di Toro sintetizza in un ricordo. «Concettualmente ci ha dato una visione diversa del calcio, era avanti. Aveva un modo diverso di impostare le cose. Ricordo un aneddoto: dopo tre vittorie pareggiammo per 0-0 a Barcellona Pozzo di Gotto contro l’Igea Virtus, un’ottima squadra. Lui a fine partita negli spogliatoi ci chiese se volessimo accontentarci di un punto in trasferta, visto che nel suo stile di calcio c’era la volontà di provare a imporsi sempre. Di lì siamo partiti con una spinta ancora diversa». Quella che serve al Bari per migliorare una classifica che oggi non sorride.
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