Cristiano Bacci, allenatore del Tondela (IMAGO)
Le parole di Cristiano Bacci, allenatore del Tondela, a gianlucadimarzio.com.
Il Portogallo non è solo una terra di confine, ma un vero e proprio laboratorio a cielo aperto dove il calcio si trasforma in arte e mercato. Per Cristiano Bacci, questo paese rappresenta ormai molto più di una tappa professionale: è il luogo dove la sua idea di calcio ha trovato la massima espressione: dai “Diamanti da sgrezzare” all’immancabile tatticismo italiano.
La sua storia è quella di un allenatore che non ha avuto paura di “tornare indietro” per fare due passi avanti, passando dalla guida tecnica in prima persona al ruolo di assistente di un esperto come Răzvan Lucescu, prima di riprendersi il centro della scena. Un percorso trasversale che lo ha portato a vincere in Grecia e in Arabia Saudita, portando sempre con sé quel rigore tattico italiano che all’estero è visto come un valore aggiunto inestimabile.
Oggi, dopo l’importante parentesi in Serie A all’Udinese, Bacci ha scelto il Tondela: “Una sfida difficile, lo sappiamo. Siamo consapevoli di quello che possiamo fare”. L’allenatore ha ancora una volta accettato la sfida di un calcio che viaggia a una velocità diversa e che richiede una sensibilità particolare nel trattare la materia prima più preziosa: il talento giovane.
A gianlucadimarzio.com, Bacci analizza le differenze tra il nostro calcio e quello lusitano, svelando cosa si nasconde dietro la crescita esponenziale di un movimento che continua a sfornare talenti per i top club mondiali.
“Vedo il Portogallo come il primo vero step per molti ragazzi, specialmente per i sudamericani che vogliono misurarsi con il calcio europeo,” esordisce Bacci parlando della sua missione quotidiana. “Sono veri e propri diamanti grezzi. A me piace lavorare su questo tipo di profili: il Portogallo in questo senso è un terreno fertilissimo, perché per un allenatore che ama curare i dettagli e lavorare intensamente sul campo, le soddisfazioni che ricevi sono immense”.
Dal punto di vista umano, l’integrazione è stata naturale, quasi scontata per chi vede nel Mediterraneo una radice comune imbattibile. “Umanamente mi sento a casa: Portogallo, Spagna e Italia sono nazioni estremamente simili per usi e costumi, non c’è una grande differenza culturale e questo mi ha permesso di adattarmi senza alcuno sforzo, concentrandomi solo sul lavoro tecnico”.
Un lavoro che si scontra con una realtà atletica sorprendente per chi è abituato ai ritmi della Serie A. “Il livello della Liga Portugal è in continua evoluzione“ spiega. “C’è un’intensità media superiore rispetto all’Italia; le squadre cambiano molto ogni anno ma il livello non cala mai, anzi, la freschezza dei giovani porta una voglia di stupire che rende ogni partita una battaglia agonistica di altissimo livello. Giovani interessanti per la Serie A? Ce ne sono talmente tanti che non saprei dare un solo nome. Anche solo nel Tondela, Facundo Medina è un giocatore che ha l’interesse di tutti, ma davvero tutti. È normale, è un giocatore che è arrivato qui anche dopo rispetto ad altri, ma è davvero speciale“.
Il racconto si sposta poi sugli anni della maturazione internazionale, segnati dal legame con la famiglia Lucescu. “Ho fatto un percorso inverso: ho iniziato subito da primo allenatore e poi, per scelta, ho deciso di fare l’assistente. È stata una decisione che mi ha completato profondamente. Lavorare con un grande come Răzvan e interfacciarsi con calciatori di caratura mondiale mi ha trasmesso idee e metodologie che hanno cambiato il mio modo di vedere il campo”.
Dopo i successi internazionali, è arrivata la chiamata dell’Udinese, un club unico nel panorama italiano per la sua capacità di pescare talenti in ogni angolo del globo. “È stata la mia prima vera esperienza in Serie A, in una società che lavora tantissimo con i giovani provenienti dall’estero. Lavorare con Gabriele Cioffi è stato stimolante: è un ottimo allenatore che forse non è stato fortunatissimo nel suo percorso recente, ma la sua passione è contagiosa.”
Ci sono anche state sfide diverse, come quella al Boavista: “In un momento di totale emergenza mi sono ritrovato a lanciare in campo più di 10 ragazzi che non erano nemmeno professionisti,” spiega l’allenatore. “Vedere giocatori come Bruno Onyemaechi o Joel crescere sotto i tuoi occhi e poi approdare in club prestigiosi come Olympiacos o Nacional è una soddisfazione che va oltre il semplice risultato sul tabellino”.
Il presente si chiama Tondela, una sfida che Bacci accetta con il piglio di chi conosce bene le insidie della categoria. “La nostra missione è la salvezza e sappiamo che dovremo lottare su ogni pallone per mantenere la categoria. È una sfida complessa, in un momento delicato, ma la stiamo affrontando con la consapevolezza che servirà intervenire per rinforzare il gruppo e dare continuità al lavoro fatto finora. Il calcio mi ha portato ovunque, ma la mia ambizione resta quella di dimostrare che il lavoro duro, quello vero che si fa sul campo ogni mattina, non tradisce mai”.
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