Categories: Interviste e Storie

Dalle tragedie familiari ai gol alle Olimpiadi: la storia di Hussein, star dell’Iraq

Ayman Hussein e la sua famiglia sono dovuti scappare dal loro villaggio di Kirkuk, nel nord dell’Iraq, nel 2014. In quei mesi lo Stato islamico, meglio noto come ISIS, avanzava nel Paese tra saccheggi, violenze e devastazioni. Nel panico generale, il fratello di Ayman fu rapito da un gruppo di estremisti: faceva il poliziotto, scomparve nel nulla.

Non abbiamo più avuto notizie su di lui“. All’epoca Hussein aveva vent’anni. Diciotto mesi dopo, un suo gol contro il Qatar avrebbe regalato all’Iraq la qualificazione alle Olimpiadi di Rio. 

Il padre ucciso, il fratello rapito: la storia di Ayman Hussein

L’attaccante nel 2016 raccontava: “Sono uscito dal mio Paese solo per motivi calcistici. Finora il Brasile l’avevo visto solo in televisione o su YouTube“. In quel caso non andò benissimo: tre pareggi, zero gol ed eliminazione ai gironi. 

In otto anni, Hussein è diventato una celebrità nel suo Paese. Oggi è l’eroe nazionale: due gol in due partite, sempre alle Olimpiadi, stavolta in Francia. Il primo nella vittoria sorprendente contro l’Ucraina all’esordio, il secondo contro l’Argentina di Otamendi e Julian Alvarez (vittoriosa per 3-1). 

Se oggi smettessi di giocare, nulla cambierebbe per me e la mia famiglia. Ringrazio solo di avere delle mura intorno a me“, raccontava Hussein nel 2016. Oggi gioca in Qatar, nell’Al-Qhor SC. Le Olimpiadi sono nel suo destino, e l’Iraq si affida a lui per un torneo che potrebbe diventare storico

Parlando della storia della sua famiglia, Ayman ha sempre raccontato: “Quando siamo dovuti scappare dalla nostra città, il resto della mia famiglia ha trovato ospitalità nel nord dell’Iraq. Io invece ero a Baghdad, la capitale, con la mia squadra“. Il “resto della famiglia” comprendeva la madre e i fratelli: il padre di Ayman era morto nel 2008, ucciso da un raid di Al-Qaeda. “Il rapimento di mio fratello non è stato il primo incontro tra la mia famiglia e il terrorismo”, racconta Aymen. “Forse non sarà neanche l’ultimo. Eppure mi ritengo un uomo fortunato“. Oggi vuole restituire quella fortuna a un Paese intero. Umile, senza la pretesa di diventare simbolo, ma protagonista di una storia incredibile. 

Andrea Monforte

Classe 2000, monzese (d’adozione), studio Lettere a Milano. Un’indomita ed ereditaria passione per lo sport (calcio, ovviamente, ma anche ciclismo), declinata in “narrazione” tecnica e sentimentale: la critica della complessità come antidoto alla semplificazione. La vaghezza del ricordo personale ha reso l’azzurro del cielo di Berlino 2006 un’indelebile traccia mitologica. Sono nato lo stesso giorno di Ryan Giggs e di Manuel Lazzari, ma resto umile.

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