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Cholo, abbiamo un problema

È successo anche questa volta. Dopo la sconfitta per 2-1 contro il Siviglia, il Cholo si è presentato davanti alle telecamere a dire che “la responsabilità è dell’allenatore”. Per chi segue la Liga nessuna novità, la frase è quella che Simeone usa per spiegare ogni singola sconfitta della sua squadra, di fatto rinunciando a dare una vera spiegazione. Mai come in questo momento, però, i tifosi avrebbero bisogno di qualche parola in più da lui: il suo Atlético, campione in carica, ha sommato tre sconfitte consecutive in campionato per la prima volta in oltre dieci anni e il distacco dalla capolista è di addirittura 14 punti. Può “l’allenatore” essere l’unica causa di questo tracollo? 

Un attacco senza mira

Beninteso, tutto questo non significa che Simeone non abbia ragione. Pure Luis Suárez, ad esempio, è sembrato d’accordo con lui quando, sabato, dopo la sostituzione al 57’, lo ha caldamente mandato a quel paese. Ecco, non ha detto esattamente “secondo me la responsabilità è sua, signor allenatore”, ma quello più o meno era il senso.

Suárez lo scorso anno era stato l’uomo del campionato, non solo per i gol decisivi, ma anche perché la sua presenza aveva permesso a Simeone di virare verso un calcio spettacolare a cui mai aveva associato il suo nome. Quest’anno, però, la fase offensiva dell’Atleti si è completamente svuotata, tanto nei gol quanto nei contenuti, e parte della colpa, in realtà, è condivisa proprio con l’uruguaiano, visto che nelle ultime 13 partite ha segnato un solo gol. Forse i lamenti non erano così giustificati.

A parte Griezmann, ora out per infortunio, pure i costosi e numerosi compagni di reparto sono scomparsi. Vuoi per mancanza di continuità, vuoi perché il Cholo fatichi a collocarli in un contesto che li esalti. Come sabato, perché se Suarez non ha praticamente toccato un pallone in parte era perché i possibili soci João Félix e Cunha hanno assistito al primo tempo dalla panchina, non essendoci spazio per loro nel modesto 5-4-1 iniziale.

Su Twitter, intanto, circolava l’hashtag #FreeJoaoFelix, diventato il simbolo di un reparto avanzato fra i più ricchi che l’Atleti abbia mai avuto, ma che riesce a produrre infinitamente meno rispetto alle aspettative. Non solo a livello statistico, ma innanzitutto di gioco. Quello che li aveva portati all gloria lo scorso anno e che in questa stagione è misteriosamente scomparso. Colpa del Cholo che “imprigiona” il talento o dell’incostanza delle sue stelle?

Dov’è finita la difesa?

Le falle più gravi, però, sono in difesa. I colchoneros hanno mantenuto la porta inviolata in solo cinque delle 17 partite stagionali. In più, dei 20 gol subiti ben nove vengono da palle inattive – come nel caso di Ocampos, che da calcio d’angolo ha deciso lo scontro col Siviglia. “E’ un problema di concentrazione”, ha riassunto Felipe, che insieme ai compagni di reparto ha notevolmente abbassato il rendimento. Mettici pure che Oblak ha momentaneamente smesso coi miracoli (sono entrati sei degli ultimi otto tiri in porta) ed ecco che del proverbiale muro atletico non rimane altro che un ricordo.

Tanti problemi, tanti discorsi, che possono essere riassunti da un solo, imparziale giudice: la classifica. L’Atlético, con i suoi 14 punti di distacco dal primato del Real, in Spagna non è più considerato nemmeno un contendente per il titolo. Ingenerosi, alcuni giornali segnalano addirittura che l’obiettivo sia giusto il quarto posto, occupato ora dal Rayo Vallecano, che ha sì un punto in più, ma ha giocato anche una partita in più rispetto a cugini madrileni.

“E’ una situazione difficile, ma sono sicuro che ne usciremo”, ha pure detto Simeone nella sua intervista. L’ennesimo cliché buono per tutti i momenti complicati del suo Atleti, verrebbe da dire. Solo che questo, gira che ti rigira, si è avverato sempre. D’altronde, non si sopravvive per oltre 10 anni sulla stessa panchina senza sapere quello che si sta facendo. Innanzitutto per questo, perché parliamo di un fenomeno nel suo ruolo, non possiamo accontentarci della sola tesi de “la responsabilità dell’allenatore” per spiegare il supplizio rojiblanco.

Antonio Cefalù

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