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​Atalanta, Gomez: “Futuro? Ora è tutto fermo ma ho parlato con i Percassi: loro sanno tutto”

Atalanta in Europa, un’attesa lunga vent’anni. Erano i tempi di Mondonico e di Stromberg, adesso di Gasperini e del Papu Gomez, trascinatore con 16 gol e 12 assist. Il numero 10 dei bergamaschi racconta la sua stagione magica nel corso di un’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport:

Ci sono stati pochi momenti tristi e si può dire: è stato il migliore anno della mia vita. Ansia? Prima di Atalanta­-Milan, a inizio maggio. Bisognava chiudere il discorso Europa e io quella partita volevo giocarla dal martedì. Mi hanno sorpreso Conti e Caldara. Andrea mi ha sorpreso tantissimo: è cambiato al 100%, fisicamente e mentalmente. Ora lo vedo diverso, era timido, tranquillo, oggi ha sicurezza, fiducia in sé, voglia di migliorarsi. Per Caldara è stato simile: in ritiro ho detto “questo è forte”, ma non pensavo così tanto. Il momento più bello è la vittoria a Napoli di fine febbraio. Dovevamo giocare tre partite contro Napoli, Fiorentina e Inter. Io pensavo di perdere a Napoli, vincere con la Fiorentina e fare un punto a San Siro, invece è successo tutto il contrario: abbiamo vinto a Napoli, pareggiato in casa e preso 7 gol con l’Inter.

Sul ritorno in Nazionale: “Da mesi si sentiva il mio nome: ha parlato Maxi Moralez, ha parlato Maradona… Sono passati tanti giocatori, pensavo che non avrei più avuto una opportunità. Azzurri? Non posso non ringraziare Ventura e la Figc. Solo una regola mi ha diviso dall’Italia”. Sul mercato: “Gli esempi di Sampdoria e Sassuolo sono chiari, dobbiamo essere due per ruolo. Altrimenti, tra infortuni e rosa corta… Due nomi? Difficile. Di sicuro tre con voglia di venire, di lottare per la parte sinistra della classifica. Mi viene in mente Pavoletti, che a Napoli ha giocato poco. E anche Ilicic, che ho sentito nominare, può essere utile. Il mio futuro? Ora è tutto fermo, è difficile parlare di mercato. Io però con la famiglia Percassi ho parlato, loro sanno tutto”.

Il Papu fuori dal campo: “Se abbiamo perso una partita oppure ho giocato male, resto triste o arrabbiato fino al giovedì. La verità è che non parlo tanto. Magari è un errore, ma fino alla domenica successiva tengo tutto dentro. La gente pensa che io sia uno che fa scherzi, ma sono timido, introverso. Cosa significa essere capitano? Essere responsabile, guidare gli altri in campo, richiamare chi non è sveglio. Quest’anno l’ho fatto”.

Redazione

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