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Juve Stabia, Buddismo e la Lazio. Artistico: “Prima l’uomo, poi il calciatore”

Semplicità. Un’espressione che leggiamo spesso in giro. Che diamo troppe volte per scontata. Ma (fortunatamente) non sempre è così. E l’esempio lampante prende il nome di Gabriele Artistico, attaccante classe 2002 che sta trascinando la Juve Stabia in questo inizio di campionato. “I miei gol devono essere utili per raggiungere l’obiettivo di squadra. Un sogno? Magari giocare allo stadio Olimpico con la maglia della Lazio. Per me Roma è casa. Così come la religione, che reputo un punto fermo nel mio quotidiano”. Un ragazzo come tanti. Ma che nel profondo racchiude un animo onesto e sensibile.

“Gruppo fantastico. C’è una sana competizione”

Sette presenze, due gol e un’irrefrenabile voglia di scendere in campo. “Tanti di noi sono al primo anno in Serie B. Stiamo facendo bene, continuiamo così” afferma Artistico. Già perché dopo otto giornate, la Juve Stabia di Guido Pagliuca occupa il quarto posto nel campionato di Serie B. Non male per una neopromossa, no? “Dobbiamo dimostrare ancora tanto – spiega il 22enne – Prima raggiungiamo la salvezza. Questo gruppo è fantastico e possiamo farcela”.

 

Leonardo Candellone e Andrea Adorante. Due attaccanti. Due colleghi e compagni di reparto. Il concetto di ‘invidia per chi gioca’ non è ammesso. “C’è una sana competizione che aumenta le prestazioni di tutti. E questo credo sia una cosa molto positiva. Personalmente non mi pongo un numero minimo di gol da raggiungere. Sono sempre stato così”. Oggi Castellammare di Stabia. Domani il ritorno nella sua terra d’origine: Roma, sponda Lazio. Nel luglio del 2024, dopo l’avventura con la Virtus Francavilla, Artistico firma con i biancocelesti che – a loro volta – cedono l’attaccante in prestito alla Juve Stabia fino al 30 giugno del 2025. Una trattativa lampo. “Ci misi poco a scegliere la Lazio – ammette Artistico – Resta un club storico. Che lavora bene con i giovani. Un sogno? Giocare allo stadio Olimpico con i biancocelesti“.


Giulio Cesare, lo squalo e il Guerriero di Dio: “Vorrei essere d’aiuto”

Ma torniamo al punto di partenza. Educazione. Senso di appartenenza. Concetti espressi sotto forma di tatuaggi. “Alla gamba sinistra ho vari disegni legati a Roma, da Giulio Cesare fino all’impero romano. Sul lato destro ho invece il ritratto di uno squalo (da cui proviene il soprannome che ha fin da bambino ‘El Tiburon’, ndr)”. Basti sbirciare i suoi profili social per inquadrare al meglio Gabriele. O meglio, ‘Il Guerriero di Dio’. Concetto profondo. Non ‘buttato a caso’. “Ho vissuto diversi momenti belli e altrettanto brutti durante la mia vita. La fede mi ha sempre aiutato”.

Ecco, approfondiamo quindi il discorso. “Da qualche anno mi sono approcciato al Buddismo. È un tipo di concetto che sposo al 100%. Nulla da togliere al Cristianesimo, che resta una parte di me. Ma il Buddismo mi ha dato un equilibrio spirituale. Perché – aggiunge – Prima di essere un calciatore voglio essere una grande persona”. Riflessione. Ragionamento. Andando oltre l’immaginario collettivo del calciatore medio. “Vorrei essere d’aiuto. Che sia al calciatore più giovane o al tifoso che mi chiede una maglia o l’autografo. A me un minuto non costa nulla”. Al tuo sostenitore sì. Quei sessanta secondi possono cambiargli un’intera giornata.

Davide Balestra

Nato nel 2000 a San Benedetto del Tronto. Di sangue metà pugliese e metà marchigiano ma con inflessione dialettale praticamente neutra. Figlio della Generazione Z, la stessa che ha partorito calciatori del calibro di Haaland, Vinícius Júnior o Tonali. Al tentativo di replicare le loro giocate sul campo di calcetto ho preferito il portatile o il microfono, quest’ultimo, da un po’ fedele compagno di viaggio. Poca retorica: le emozioni che trasmette un campo di calcio non sono quantificabili. E a me piace raccontarle, che sia attraverso una tastiera o una telecamera puntata in volto. Ansie, timori e paure fanno parte del percorso. Cerco di superarle con umiltà, virtù che, con il tempo, sto rendendo un mio mantra.

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