È la grande novità del Mondiale per club, in corso in questi giorni in Marocco: il “filo diretto” tra l’arbitro e il pubblico, col direttore di gara che comunica le decisioni prese col VAR agli spettatori sugli spalti. Il meccanismo è molto semplice: all’arbitro basta premere un pulsante, parlare attraverso il microfono, e la sua voce viene trasmessa dagli altoparlanti dello stadio.
Tanto semplice il meccanismo, quanto complesse le implicazioni e le conseguenze di questa svolta storica. Come interpretare la novità? Quali gli scenari per il futuro dell’arbitraggio? E cosa succederà in Italia, nella nostra Serie A? Abbiamo chiesto un’opinione al nostro Gianpaolo Calvarese.
L’ex arbitro teramano ha vissuto tutti i cambiamenti più recenti nella storia dell’arbitraggio in Italia: dall’introduzione degli auricolari a quella degli addizionali, fino ad arrivare al VAR, nel 2016. “Un arbitro avrebbe dato qualunque cosa per rivedere rivedere alla moviola quello che tutti gli altri, spettatori a casa e allo stadio, vedevano già“. Insomma, un’ingiustizia da colmare, una disparità che non poteva essere risolta altrimenti: in uno stadio ci sono decine di telecamere che consentono di avere altrettante visuali, l’arbitro ha solo la propria più quella dell’assistente e del quarto uomo. Spesso l’errore derivava, nell’epoca pre-VAR, proprio da questo limite oggettivo.
“Tutto quello che è tecnologia fa bene al calcio“: il VAR ha trasmesso ancora più credibilità alle decisioni arbitrali e al movimento in generale. Sempre nell’ottica della trasparenza e della credibilità, la diffusione pubblica del contenuto dei dialoghi tra arbitro e VAR sarebbe un’innovazione positiva: gli arbitri non hanno nulla da nascondere, e una tale novità potrebbe mettere da parte molta “dietrologia” di cui non ci siamo ancora liberati.
Ecco che quindi emerge un altro punto fondamentale: la necessità di fare un salto in avanti sul piano culturale che ci renda pronti a questa epocale novità, per evitare strumentalizzazioni sulle parole degli arbitri. Serve quindi un connubio tra tifosi, addetti ai lavori e arbitri, perché tutto possa funzionare al meglio.
Quello che abbiamo visto in Marocco, e cioè l’arbitro che comunica ai tifosi la decisione presa dopo l’On Field Review, è un’apertura storica, un primo passo compiuto verso la diffusione completa dei dialoghi tra direttore di gara e VAR. Ci sono però due aspetti che si possono migliorare, rispetto a quanto accaduto durante Al Ahly-Auckland City. Il primo è quello comunicativo: la divulgazione deve essere prioritaria rispetto all’elemento tecnico, e quindi i termini più specialistici (come DOGSO) dovrebbero essere “tradotti” in una forma più fruibile. Il secondo è più pragmatico: oggi il prodotto circola soprattutto in tv, dove l’audio dello speaker, lo stesso che veicola la voce dell’arbitro, si sente a malapena; servirà dunque settare questo aspetto perché tutti possano sentire distintamente e capire.
E in Italia? La FIGC ha precorso quasi tutti rispetto a ognuna delle innovazioni introdotte negli ultimi anni, compreso il VAR. I nostri arbitri sono fra i migliori al mondo, e gli ex direttori di gara sono diventati designatori a livello nazionale e internazionale. Per questo motivo, Gianluca Rocchi è al lavoro perché la stessa novità vista al Mondiale per club arrivi anche in Serie A: resta solo da capire quando e come questo accadrà.
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