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Fa tutto CR7: doppietta e infortunio, l’Al-Nassr vince l’Arab Champions Cup

È la finale di Arab Champions Cup, ma sembra Champions League. È il derby di Riad, ma si gioca a Taif, la città in cui si coltivano le rose più profumate del mondo, le preferite delle maison francesi. Vince per la prima volta nella storia l’Al-Nassr, vince ancora Cristiano Ronaldo, che da solo batte l’Al-Hilal con la doppietta.

I gialli festeggiano sotto gli occhi del principe ereditario Mohammad Bin Salman, uno degli uomini più discussi e discutibili dello scenario internazionale. La competizione è intitolata a suo padre, re Salman. Il nome e la formula sono ispirate alla Champions League dell’UEFA, il trofeo è la riproduzione più o meno esatta della Coppa del Mondo FIFA. Perché il “nuovo” calcio del deserto assomiglia molto, per il momento, a quello “vecchio” che si gioca in Europa.

Arab Champions Cup, in finale vince l’Al-Nassr di Ronaldo

Lo dimostrano i fischi sugli spalti, l’uso del VAR (assegna un rosso e revoca un rigore), lo conferma Cristiano Ronaldo, che come sempre entra in partita quando vuole e come vuole, segnando il pareggio e poi il gol decisivo nel primo supplementare. Tutto già visto anche sugli spalti: i gialli hanno tutti la sua maglia, i blu lo deridono a ogni caduta e protesta. Fino al 74′ il protagonista è Michael, un brasiliano del Mato Grosso, ventisette anni e una carriera anonima alle spalle, che segna l’1-0 dell’Al-Hilal. Troppo poco per una finale, troppo poco se dall’altra parte dello schermo c’è il mondo: Ronaldo lo sa e cambia la storia.

Ieri la tripletta di Firmino nella gara inaugurale della Roshn Saudi League, oggi lo show del King Fahd Stadium. Un piccolo intermezzo musicale all’intervallo fa sorridere le autorità reali in tribuna d’onore. Eppure nessuna delle stelle di Al-Hilal e Al-Nassr convince del tutto. Mané non si è ancora ambientato, Brozovic non è al massimo della condizione, Milinkovic-Savic delude rispetto alle ultime, decisive prestazioni. Vanno meglio Koulibaly e Fofana. Oltre a CR7, che è quello degli ultimi anni: minimo sforzo, massima resa. In questo contesto si distinguono anche i co-protagonisti: il portiere dell’Al-Hilal, Al-Owais; il terzino Saud, suo compagno; Alkhabairi, centrocampista dell’Al-Nassr. 

La partita si accende soprattutto nel finale, dopo l’espulsione di Al-Amri, centrale dell’Al-Nassr, e il rigore prima assegnato e poi revocato all’Al-Hilal. Ronaldo sente il profumo di Champions, e segna i gol numero cinque e sei della competizione di cui è ovviamente il capocannoniere. Aveva salvato l’Al-Nassr a un passo dall’eliminazione ai gironi, contro lo Zamalek. L’aveva trascinato nell’eliminazione diretta, la sua specialità. Aveva infranto la legge, facendo il segno della croce dopo il rigore in semifinale. A sette minuti dalla fine uscirà a bordo dell’auto medica per un infortunio al ginocchio, con una smorfia sul viso. Dal secondo gol  in avanti i tifosi urlavano il suo nome, quello di colui che ha aperto le acque, portando avanti le lancette di un intero movimento calcistico. E che oggi, a trentotto anni, ha esultato come un bambino per il trentacinquesimo trofeo della sua carriera. 

Andrea Monforte

Classe 2000, monzese (d’adozione), studio Lettere a Milano. Un’indomita ed ereditaria passione per lo sport (calcio, ovviamente, ma anche ciclismo), declinata in “narrazione” tecnica e sentimentale: la critica della complessità come antidoto alla semplificazione. La vaghezza del ricordo personale ha reso l’azzurro del cielo di Berlino 2006 un’indelebile traccia mitologica. Sono nato lo stesso giorno di Ryan Giggs e di Manuel Lazzari, ma resto umile.

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