Dall progetto di Superlega europea alla depressione nel calcio. C’è tanto Carlo Ancelotti nella lunga intervista che l’allenatore dell’Everton ha rilasciato a The Athletic. Anche una una bella speranza sull’Europeo in arrivo, per cominciare: “Scommetterei sull’Italia. Ma davvero! Hanno giocato molto bene nelle qualificazioni”, ha detto.
Poi, la Superlega europea, un progetto attraente ma che Ancelotti non sposa appieno: “È chiaro che se le competizioni nazionali perdono di interesse e intrattenimento, allora il concetto di una Superlega attrae più potere. Per un tifoso, se io arrivo al punto in cui l’Everton non può sperare di battere il Manchester City, allora non lo guarderò. Preferirei guardare il Manchester City contro il Barcellona perché sarebbe più interessante. Ma per me la Superlega non si può fare. Abbiamo la Champions League: è abbastanza, giusto? La Champions mette già i migliori di fronte ai migliori, ma il futuro del calcio deve dare più valore alle competizioni nazionali. Il calendario è già molto difficile per com’è. I giocatori non riposano mai”.
L’allenatore dell’Everton dà anche una sua visione sugli arbitri inglesi, molto criticati in patria: “Gli arbitri qui sono molto migliori che in altre parti! In Italia e in Spagna subiscono un’enorme quantità di pressione. Qui sono più calmi, e la mia onesta opinione è che fanno meno errori e il livello dell’arbitraggio è estremamente alto. Le critiche sono normali, ma da questo punto di vista si sta meglio dell’Italia”.
Fra i temi su cui si è più dilungato c’è quello delle dimissioni di Prandelli come allenatore della Fiorentina ed il contenuto della lettera con cui le ha annunciate. “È comprensibile il messaggio che ha scritto; estremamente chiaro. Lui è una persona che si sente meno motivata nel proprio ambiente e sta incontrando delle problematiche psicologiche. È un fatto positivo che ne abbia parlato, non solo per lui, ma anche per le altre persone nell’industria".
“Il concetto della psicologia nel calcio sta cambiando. C’è stato un momento in cui le persone non potevano parlare di salute mentale nel calcio. Quando giocavo, le problematiche psicologiche non erano considerate per niente. Parlarne era come parlare di sesso con tua madre o tuo padre: praticamente impossibile! La situazione ora sta migliorando”.
“Bisogna capire che le aspettative sono molto, molto alte e, ogni anno, diventano più grandi sia sull’allenatore che sui giocatori. Qualche tempo fa, le squadre erano dei giocatori. Parlavamo della squadra di Maradona, o di Platini. Adesso parliamo della squadra di Mourinho, di Guardiola, di Ancelotti. Questa è tutta pressione che si accumula sull’allenatore. Ma anche i giocatori hanno le loro difficoltà; è molto più complicato di quando io giocavo; televisione, social media, questo costante aumento delle pressioni, e le persone chiedono sempre di più, di più, di più, di più”, aggiunge.
Chiusura con una ventata di speranza sul futuro: “La pandemia, te lo prometto, finirà. Siamo tutti stanchi. Tu, io, tutti noi siamo stanchi di vivere così. Ma quando questa cosa finirà, tutte quelle piccole cose che un tempo consideravano ordinarie diventeranno straordinarie. Andare al ristorante con due amici? Sembrerà una grandissima festa! O immagina di esultare per un gol in uno stadio pieno di tifosi. Immaginalo! O immagina di vincere un’altra partita ad Anfield ma, questa volta, con i tifosi che aspettano di abbracciarti dietro la porta! Anche questo sembrerà molto più bello”.
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