Un solo avvertimento prima di cominciare: “Guai
a chi mi tocca Francesco!”. Poi, si comincia. Intraprendente come sempre, Carlo Mazzone. Al suo fianco la moglie
Maria Pia, pronta ad intervenire per omaggiare un monumento del calcio italiano a cui il marito
è rimasto legato in modo così viscerale. E come potrebbe essere altrimenti. È impossibile per Sor Carletto raccontare a parole cosa rappresenti Totti. Il suo Totti. Si emoziona ancora solo a pensarci. Perché a legare Carlo Mazzone al capitano della Roma è molto più del semplice rapporto allenatore – giocatore. È un sentimento paterno: un
padre ed il suo figlio calcistico. Tanto da arrabbiarsi ancora oggi, per dirla con un
eufemismo, quando percepisce che al proprio pupillo è stato riservato un trattamento
poco etico: “Conosco benissimo il ragazzo
e la sua famiglia e in mente non ho altro se non come è stato maltrattato in
questi ultimi mesi – ha dichiarato Mazzone in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com -. Sono rimasto scioccato, amareggiato.
Dispiaciuto, sì, perché cosa bisogna
fare nella vita calcistica più di quanto fatto da Totti? Per voi questo è un
trattamento degno? Lui ci ha fatto divertire, ci ha fatto vincere e questo è il
ringraziamento?”.
E quando si parla di Spalletti… “non voglio nemmeno sentirlo nominare: non
lo gradisco, mi sta sullo stomaco! Francesco avrebbe meritato rispetto
calcistico, serietà ed onestà. Si è dimostrato col tempo anche un
professionista unico, esemplare. Un esempio per la sua serietà. Ed è per questo
che mi arrabbio così tanto!”. Questione di rispetto. Troppo grande l’ammirazione
reciproca tra Totti e Mazzone. Vera, spontanea, poi. Quasi una venerazione. “Francesco è la rappresentazione perfetta
del piacere di giocare a calcio. Ha sempre dimostrato un rispetto infinito nei
confronti di chiunque, da me ai compagni fino alla società. Quando lo vidi per la prima volta non sapevo nemmeno chi era ma feci
in fretta a notarlo. ‘Ma chi è?’, chiesi al mio staff. ‘Mister, un certo
Totti’. ‘Mannaggia! Questo ci fa prima
prima divertire e poi vincere’, esclamai. Entrammo subito in sintonia e
cercai di farlo integrare più rapidamente possibile anche chiedendogli
semplicemente ‘come va? Come stai? Salutami la famiglia’ ogni giorno”.
Poi,
certo, quando di mezzo ci sta il talento risulta tutto più semplice. E quello
del capitano della Roma non tocca a noi scoprirlo. Anzi, insieme a Boskov
fu proprio Mazzone a pensarci nel lontano 1993: “Ricordo che non gli insegnai molto perché… non c’era niente da
insegnare a Francesco, era già bravissimo! Al
mio staff ripetevo in continuazione ‘Ma chi è sto ragazzo? Se gli riesce tutto
così bene…’ e pensavo tra me e me: ‘Questo sa giocà, ma bene bene! C’abbiamo
avuto na fortuna… ma non diciamogli niente, lasciamolo tranquillo che nun se sa
mai’. Aveva una tecnica ed una rapidità di pensiero fuori dal comune già a
quell’età. Più che altro, cercavo di essere spiritoso ed usare anche
terminologie simpatiche con lui. ‘Bravo
Francè, bello. Se il pallone fosse un giovanotto apprezzerebbe enormemente la
tua delicatezza nel toccarlo’. Secondo me lui e il pallone si stavano
simpatici a vicenda”, continua Mazzone col sorriso.
Però c’è stato anche un
rovescio della medaglia: ritrovarselo da avversario dopo averlo lanciato nel
grande calcio. Che dolori! “Dicevo ai miei giocatori di anticiparlo
sempre se no non l’avremmo mai presa anzi, se no sarebbe stato meglio chiedere
all’arbitro di anticipare il triplice fischio – continua ridendo l’allenatore
classe ’37 -. Ci faceva soffrire
(ride di nuovo, ndr)! Francesco era un
giocatore fuori dalla norma e non esiste qualcun altro che avesse potuto
indossare per tutta la vita quella maglia come ha fatto lui. Per l’affetto che nutro verso lui e verso Roma, penso abbia fatto
bene a rimanere giallorosso a vita”.
Mai banale, Sor Carletto. Tanto da
ribadire ulteriormente tutto il proprio rammarico per come sia andata a finire
tra Totti e la Roma, prima di salutarci. “Avrebbe dovuto decidere lui in tutta
serenità senza che qualcun altro decidesse per lui. Non so che farà ma per il futuro gli auguro
di continuare ad essere felice nel mondo del calcio e di ottenere il rispetto
che merita”. E ovviamente manifestare ancora una volta tutto il proprio
affetto: “Col tempo ho capito sempre più
quanto Francesco sia una persona ammirevole: merita che tutti i suoi sogni
possano realizzarsi. E vi dirò di più: non
lo dimenticherò mai così come non dimenticherò mai tutte le immense
soddisfazioni che abbiamo condiviso”. Perché per Mazzone Totti era, è e
sarà sempre come un figlio. E guai a chi glielo tocca, ancora oggi.
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