Silvio Berlusconi ha portato al Milan giocatori del calibro di Ruud Gullit e Marco van Basten, o Andriy Shevchenko e Ricardo Kakà. In pochi sanno, però, che una delle fisse di calciomercato del compianto presidente rossonero è stato Marco Amelia.
L’ex portiere e campione del Mondo nel 2006 non se lo è di certo dimenticato. Dopo la notizia della scomparsa dell’ex Premier, i ricordi sono riafforati con ancora più forza, come ha raccontato ai nostri microfoni: “Appena arrivato al Milan mi disse che la maglia rossonera comportava una grande responsabilità e andava indossata con immenso orgoglio. Nella conferenza stampa di presentazione fece notare a tutti che ero un suo “pallino” da tempo, che mi seguiva fin dalle nazionali giovanili e apprezzava il mio coraggio e la mia grinta anche fuori dai pali. Parole che ricordo ancora oggi con grande emozione“.
Come il compagno di squadra Luca Antonini (LEGGI QUI L’INTERVISTA DELL’EX TERZINO DEL MILAN), l’estremo difensore ha usato lo stesso termine per descrivere Berlusconi: visionario. Sì, perché la figura del presidente di un club di calcio come lo immaginiamo e vorremmo oggi, sempre vicino e con la massima priorità alla squadra, l’ha inventata lui: “Aveva una straordinaria capacità di comunicare ed entrare in empatia con tutti coloro che lavoravano con lui, era un trascinatore carismatico! I momenti indimenticabili restano le conversazioni private con lui, fatte di consigli preziosi e di parole giuste, pronunciate sempre con garbo e sensibilità.
E poi – ha proseguito Amelia – quella sorta di aura carismatica che si percepiva ogni volta che era con la squadra, trasmetteva un’energia positiva incredibile, quella che gli ha permesso di essere un uomo di grande successo in ogni ambito della sua vita personale e professionale”.
I rapporti umani prima di tutto, ma anche una programmazione studiata in ogni particolarità: “Nel calcio la sua visione è stata esaltata dalla capacità di scegliere i migliori collaboratori, primo fra tutti il dottor Adriano Galliani. Mi piace ricordare la sua attenzione maniacale per i dettagli, conosceva i nomi di tutti i collaboratori del Milan… A Milanello, che era la nostra casa, si respirava un’aria straordinaria: si percepiva dall’organizzazione che lui aveva dato nei minimi dettagli al centro sportivo perché il Milan era diventato quel club straordinario e vincente che lui aveva fortemente concepito, voluto e costruito. Il calcio italiano perde un grande protagonista. Innamorato di questo sport, una passione enorme che trasferiva con lo sguardo e con le sue parole“.
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