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Amarezza Roma, 4-2 che sa di beffa: Liverpool in finale

Si poteva fare di più. E’ questa la sensazione al fischio finale. Il Liverpool tra andata e ritorno si è dimostrato più forte, più pronto per certi palcoscenici, con giocatori più impattanti in queste gare. Sette gol in due partite raccontano un dominio netto, fatto di aggressività e ripartenze. Gioco semplice, senza nessun isterismo tattico o esercizi di stile particolari. La forza è nel tridente d’attacco e Klopp lo sfrutta. Anche stasera, al netto del doppio assist sui gol del Liverpool, la differenza l’ha fatta l’aggressività dei Reds sulle seconde palle e la velocità nel portare il gioco nell’area avversaria con pochi passaggi. Mané prima e Wijnaldum dopo hanno spento sul nascere ogni tipo di velleità giallorossa.

Ma… ma l’amarezza c’è. Anche tanta. Premessa, la Roma la semifinale di Champions l’ha persa ad Anfield, ma questa sera ai giallorossi è sembrato mancare qualcosa, soprattutto nel primo tempo. Quell’aggressività vista contro il Barcellona, quella dimostrazione di forza e convinzione che doveva impaurire il Liverpool. Lo Stadio Olimpico ha spinto, ha creato l’atmosfera giusta per l’ennesimo miracolo, ma i giallorossi sono sembrati troppo teneri fin da subito. Forse per mancanza d’energie, forse eccessivamente carichi nel tentare l’ennesima impresa, questa volta quasi annunciata.

Si poteva fare, ci credevano tutti. Il 3-0 al Chelsea e al Barcellona aveva caricato di aspettative, oggettivamente eccessive, un intero ambiente. Sembrava quasi facile raggiungere un risultato rotondo, netto, che il Liverpool ha subito solo due volte quest’anno. Dal Tottenham e dal Man City. Stop. Ecco, forse meno convinzione e più rincorsa di un sogno avrebbe alleggerito testa e gambe dei giocatori. Bloccati da quel “si può fare”, che è sembrato fatale. Non a caso, nel secondo tempo, con la testa vuota, alla rincorsa di un 5-2 eroico, la Roma ha creato e ha segnato. Dzeko prima, e un doppio Nainggolan quasi alla fine. Dominando per lunghi tratti il Liverpool. Con un rigore non dato ad El Shaarawy – nettamente il migliore in campo – e tantissime occasioni da gol non sfruttate.

Il 4-2 finale è un’amarezza, una beffa. Per quel che sarebbe potuto essere e non è stato. Soprattutto ad Anfield. Ma almeno i giallorossi si prendono l’onore delle armi. Una vittoria per dire grazie. Al pubblico dell’Olimpico, ad un’intera città innamorata e aggrappata ad un sogno impossibile. “A testa alta”, un termine usato e abusato. La Roma esce da questa Champions League perché in 180’ è stata meno forte del Liverpool, ma ha dimostrato, soprattutto al ritorno, di poterci stare a questo livello. Quarti di finale, semifinali, dovranno diventare la normalità. Il salto è stato fatto. Kiev sarebbe stato, oggi, un di più.

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Marco Juric

Aspirante scriba, si avvicina al calcio giocato grazie alla chioma fluente di Giovanni Cervone. Folgorato dalla prima autobiografia di Roy Keane, non si innamora del Manchester United, ma del Nottingham Forest. Dopo i primi trent’anni di osservazione partecipante, ha deciso di passare gli altri trenta che gli rimangono a scriverne.

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